L’Aquila. Innalzata in onore di un grande predicatore popolare, fatto santo dopo la sua morte, la basilica di San Bernardino da Siena ieri è tornata in vita e con essa la speranza di un’intera città. Gli aquilani attendevano da tempo la sua riapertura, da quando la violenza del sisma di sei anni fa ne aveva danneggiato la cupola ed il campanile, rendendo l’edificio sacro inagibile. Con quel suo volto smunto, ma severo, da grande predicatore, il santo francescano Bernardino, dalla teca di vetro in cui riposa, continua ad ammonire i fedeli col suo sguardo. Ieri, dalla chiesa-MUSP in Piazza D’Armi, in cui era stata provvisoriamente ospitata, la salma, scortata dall’Associazione Nazionale Alpini, è stata riportata nella sua vera dimora, il mausoleo all’interno della basilica. “Questo rientro a casa di San Bernardino diventa un augurio per gli aquilani di tornare a casa” ha annunciato padre Quirino Salomone, guardiano della comunità francescana del santo. Una folla di migliaia e migliaia di cittadini, tra i rintocchi gioiosi delle campane a festa, ha accolto l’arrivo in Piazza Duomo di uno dei quattro grandi patroni della città, accompagnato da una lunga processione. A scandirne il percorso le preghiere ed i canti delle confraternite,dei frati francescani e delle suore accorsi per questa grande manifestazione. Ed ecco il momento di più grande commozione: l’inaugurazione della basilica. L’apertura del portone di ingresso segna una sorta di passaggio rituale verso una nuova identità collettiva, verso una rinascita materiale, religiosa, artistica e culturale della città dell’Aquila. La facciata rinascimentale, finalmente liberata dall’ingombro dei ponteggi, è rischiarata dalle illuminazioni progettate dall’architetto Francesca Storano. Uno splendido soffitto Settecentesco con al centro il Monogramma bernardiniano JHS ed il colore vivo delle intarsiature dorate e delle tele raffiguranti la vita del santo dominano l’interno. Si è investiti da una maestosa bellezza, la stessa che l’arcivescovo Giuseppe Petrocchi ha richiamato nell’omelìa :”La bellezza è epifania di Dio, cioè manifestazione della sua perfezione. E ogni creatura è chiamata a riflettere secondo la sua misura un raggio di questo infinito splendore. (…) La bellezza scaturisce dall’incontro della verità con l’amore.” “Questa celebrazione rappresenta un segnale importante per la Chiesa e per la città di L’Aquila. E’ un evento straordinario che testimonia la rinascita della città e annuncia che risorgerà avvolta da una moltiplicata e coinvolgente bellezza. Oggi in questa liturgia ci sono tutti. (…) Anche quelli che non sono fisicamente qui popolano questa assemblea. Ma soprattutto ci sono loro, i trecentonove martiri del terremoto” aggiunge. Questo evento, storico per il capoluogo abruzzese, ha mostrato in tutta la sua vitalità l’attaccamento degli aquilani verso la loro identità, che si racchiude intorno allo splendore di una basilica e che diviene uno slancio verso il futuro. Le parole finali di Petrocchi divengono così emblematiche: “Il destino di questa terra non coincide con quello del tralcio reciso e condannato ad una inarrestabile decadenza, ma si inscrive nella benedizione del tralcio potato, che nella misteriosa sapienza di Dio è chiamato a patire gravi perdite, a fine però di portare frutti soprabbondanti, destinati a rimanere per sempre.” Diego Renzi