Pescara. Da comunicazioni trasmesse da alcune Regioni si è venuti a conoscenza che alcune associazioni di animalisti “hanno introdotto in Italia animali d’affezione da canili o rifugi posti sul territorio ucraino a causa delle attuali ostilità tra Russia e Ucraina”.
Queste, “alla luce della normativa sono da considerare a carattere commerciale” e “devono pertanto rispettare le disposizioni del Regolamento europeo 2020/692”. Lo scrive il Ministero della Salute in una circolare su “Misure di prevenzione e controllo della rabbia su animali provenienti da rifugi/canili in Ucraina”, inviata agli assessorati regionali e ai servizi veterinari per attirare l’attenzione sul rischio di un allentamento delle misure a seguito della guerra. La rabbia è una zoonosi assente dal nostro paese, spiega all’ANSA il presidente Sindacato Italiano Veterinari Medicina Pubblica (Sivemp) Aldo Grasselli, “ma se si verifica un allentamento delle regole vigenti sulla profilassi, non possiamo
escludere che ritorni. Non bisogna dimenticare, infatti, che nel 2021 l’Ucraina ha notificato 132 casi di rabbia nei mammiferi selvatici e 265 casi negli animali domestici. Inoltre il Centro Nazionale di Referenza della Rabbia sottolinea il rischio che questo virus possa fare uno spillover, un salto tra specie diverse. Per questo da parte del ministero c’è una giustificata attenzione a un’introduzione non controllata dal punto di vista sanitario”.
“Considerata la necessità di gestire il rischio connesso alla rabbia, per i cani, gatti e furetti già introdotti in Italia non a seguito di rifugiati e non in conformità alle citate disposizioni”, il ministero precisa che questi vanno sottoposti ai controlli previsti, devono essere in possesso di microchip, certificato di vaccinazione antirabbica, ricerca degli anticorpi e periodo di osservazione.