Chieti. “Al punto in cui siamo arrivati oggi è difficile giustificare come fine superiore, adesso, gli interessi russi. Emerge che l’interpretazione degli interessi russi è differente, estremizzata. L’argomento dell’accerchiamento Nato poteva interessare anche per l’opinione pubblica europea.
Ma Putin è passato dall’essere accerchiato a diventare aggressore, con un paese con il quale aveva dei legami evidenti ma che comunque era indipendente: beh qui si è aperto un baratro. Perché adesso il regime di Putin è diventato un modello alieno al nostro. Noi europei dell’unione europea abbiamo altri metodi, ciò che è accaduto tocca suscettibilità maggiori da noi che altrove. L’Ucraina ha giocato su due fronti prima della crisi del 2013-4.
Dopo no, con annessione Crimea e secessione Donbass è venuta meno la possibilità di nuove oscillazioni a est”. Lo ha detto il professor Francesco Caccamo a margine dell’affollato convegno seminario sula crisi ucraina organizzato dall’Università di Chieti.
Secondo il titolare della cattedra di Storia dell’Europa Orientale ora “L’Ucraina invece anche grazie ad una efficace propaganda viene adesso percepita, e appare, più vicina alle nostre istanze occidentali: Zelensky fin qui ha dimostrato sapienza, ha efficaci consiglieri. Ha la comprensione l’ammirazione dell’Europa intera – prosegue all’ANSA Cacccamo – C’è anche da considerare la presenza degli immigrati ucraini in Europa, e le loro difficoltà: con una immigrazione in Italia di 200.000 ucraini si creano ovviamente più legami e simpatie nei confronti del paese ucraino. Questa immigrazione ha legittimamente un peso maggiore sulle società europee. E orienta l’opinione pubblica in modo meno favorevole alla Russia. Ciò che è accaduto nella storia ci aiuta a capire, ma non si ripete mai meccanicamente. Putin sceglie anacronisticamente, difende in modo radicale gli interessi russi con metodi radicali. Sembra di leggere una pagina di storia dell’Ottocento o Hitler degli anni 30. Per noi europei la guerra genera orrore: ci scandalizza. Il Kossovo? Non è un caso analogo, quello fu un intervento aereo, dovremmo rivolgerci alle invasioni di Ungheria e Cecoslovacchia per trovare qualcosa di simile; c’era la legittimazione della politica dei blocchi, il mutuo accordo di Yalta.
In Ucraina invece pare che questa politica si sia riadattata all’oggi, ripercorre le strade dell’Urss e dello Zar. C’è insomma un ritorno alla politica controrivoluzionaria nel senso di giustificare interventi con proclami altisonanti e ideologici: l’URSS con lo spettro della controrivoluzione, Putin del nazismo, o dell’esigenza della denazificazione. L’Ucraina però è un paese che ha una struttura multipartitica, con elezioni; c’è quindi una visione dell’Ucraina che deve essere vicina alla Russia, e questo di fondo era un problema che aveva sollevato anche Solgenitsin: lui era sì contro l’Urss, però la dissoluzione dimostrava il limite, perché anche lui vedeva l’Ucraina facente parte di un nucleo slavo, coeso.”