“Avere una risposta anticorpale, da 5 a 10 volte più alta con una eventuale terza dose rispetto alle due dosi di vaccino previste non è detto che serva. Se i dati che si stanno raccogliendo nelle sperimentazioni cliniche registrative in corso a livello internazionale diranno che dopo un anno dalla somministrazione non c’è più risposta cellulare, si potrà penserà a un richiamo. Ma per adesso il ‘se’ è molto grande e non ci sono indicazioni scientifiche per una fuga in avanti”. Lo ha spiegato all’ANSA Luca Pani, già direttore generale dell’Aifa e membro dell’Ema e attuale professore di farmacologia all’università di Boca Raton in Florida.
“Quello che serve adesso è finire il ciclo vaccinale. Tenere la mascherina e mantenere il distanziamento per non alimentare le varianti. Per la terza dose aspetteremo dati certi dopo le necessarie verifiche. Bene hanno fatto la Fda e l’Ema a dire che adesso è presto per parlare di un richiamo successivo al secondo. In seguito sia la Food and drug administration sia l’Agenzia del farmaco europea si pronunceranno su questo punto, ma solo con dati ulteriori”, ha aggiunto.
Pani ha poi sottolineato: “Sappiamo per certo dagli studi clinici che chi ha avuto il Covid ha una risposta, sia degli anticorpi neutralizzanti che dalle cellule di memoria, sufficienti a proteggere da nuove infezioni per circa un anno. Se questi dati verranno confermati nel tempo lo vedremo in seguito, nei prossimi mesi”. E ha concluso: “Le persone non si devono preoccupare della terza dose, ma solo di vaccinarsi, senza correre a fare test anticorpali seguendo l’aneddotica da bar dell’ospedale che non ha alcun fondamento scientifico”.