Roma. 5 maggio 1972, Aeroporto di Fiumicino. È sera, un Douglas DC-8-43 dell’Alitalia con marche I-DIWB e operante il volo AZ 112, decolla con venticinque minuti di ritardo. È diretto a Palermo Punta Raisi. Un volo speciale previsto in concomitanza delle elezioni politiche.
A monitorare gli strumenti ed a gestire le radioassistenze, vi è comandante Roberto Bartoli. Il primo ufficiale Bruno Dini pilota il velivolo. Il tecnico di volo Gino Di Fiore è addetto al controllo e alla gestione degli impianti di bordo.
Il disastro
Nel corso della fase di avvicinamento, in preparazione all’atterraggio, l’AZ 112 prende contatto con la torre di controllo dell’aeroporto di Punta Raisi. Sono circa le 21,10. Dichiara di trovarsi a 74 miglia nautiche dal VOR[1], installato su Monte Gradara, sopra il comune di Borgetto, frequenza di 112,3 MHz, circa dieci miglia a sud dell’aeroporto.
La torre di controllo fornisce all’equipaggio i necessari dati meteorologici: vento di cinque nodi, visibilità cinque chilometri, 3/8 di cumuli a 1.700 piedi e 5/8 di cirri a 20.000 piedi. Autorizza quindi la discesa, sollecitando il velivolo a fornire la propria posizione una volta giunto sul radiofaro NDB con sigla PRS a una quota di 5000 piedi. Tempi e relative posizioni vengono acquisiti dal registratore dell’ente di controllo a Roma, munito di dispositivo marcatempo, mancante nel registratore dell’ente di Palermo.
Questa l’ultima comunicazione tra il comandante Bartoli e il sergente maggiore Terrano alla torre di controllo: Bartoli: “Palermo, AZ 112… è sulla vostra verticale e lascia 5.000 e riporterà sottovento per la 25 sinistra.” Terrano: “Ricevuto, il vento è sempre calmo.” Bartoli: “Okay… [parole non comprensibili].”[2]
Tra il volo AZ 112 e la torre di controllo non si registrano ulteriori collegamenti. Sui nastri rimane impressa una conversazione in inglese tra l’AZ 112 e un velivolo Ilyushin Il-18 in attesa di decollo. In seguito la torre di controllo tenta senza successo di contattare il DC-8.
Poco dopo le ore 22,20, l’aereo impatta contro la Montagna Longa, tra il territorio di Cinisi e di Carini, nei pressi dell’aeroporto. Viene lacerato dai ripetuti urti con gli spuntoni rocciosi della cresta. Parte dei frammenti e alcuni corpi dei passeggeri vengono sbalzati sulla montagna dal lato di Carini, i cui abitanti avvistano il vasto incendio causato dal combustibile fuoruscito dai serbatoi.
Le vittime
Tutti i presenti a bordo – 108 passeggeri e 7 membri dell’equipaggio – rimangono uccisi. Tra gli altri, Ignazio Alcamo, sostituto procuratore generale di Palermo, che aveva disposto il soggiorno obbligato per Francesco Vassallo, costruttore legato al Sacco di Palermo[3], e Antonietta Bagarella, poi moglie di Salvatore Riina); Angela Fais, la segretaria di redazione de L’Ora e di Paese Sera, amica di Giovanni Spampinato[4]; Antonio Fontanelli, comandante della Guardia di finanza di Palermo; Franco Indovina, regista cinematografico all’epoca impegnato ad acquisire elementi per realizzare un film su Enrico Mattei, tra le cui fonti vi era proprio la Fais; Letterio Maggiore, l’ex medico di Salvatore Giuliano[5]; Alberto Scandone, giornalista e politico del Partito Comunista; Čestmír Vycpálek, figlio dell’allora allenatore della Juventus.
Commissione d’inchiesta e sentenze
Con decreto del 12 giugno 1972, il Ministero dei Trasporti istituisce una Commissione di inchiesta sul caso, presieduta dal generale Francesco Lino. In due settimane, l’organismo appronta una relazione nella quale si conclude che la responsabilità della sciagura sia da attribuirsi ai piloti del velivolo. Valutazione ridimensionata dalle sentenze del Tribunale e della Corte di Appello di Catania, nell’ambito di un procedimento in cui si prende in considerazione la carenza di adeguata illuminazione elettrica della pista aeroportuale. La sentenza di primo grado, in particolare, sottolinea che: “[…] il mancato funzionamento del registratore di volo (flight recorder) ha privato gli inquirenti dell’unico mezzo veramente attendibile per la ricostruzione dell’ultima fase del volo […] ogni congettura è confinata nel campo delle ipotesi, ognuna teoricamente possibile, nessuna però dimostrabile con certezza.”
Riaprire l’indagine
L’associazione nazionale piloti aviazione commerciale (ANPAC) si schiera dalla parte dei piloti, escludendo recisamente la possibilità di un errore attesa la loro lunga esperienza professionale. Si considera anche la problematica posizione dell’aeroporto di Punta Raisi, a ridosso della montagna, nelle immediate vicinanze del mare, in una zona notoriamente ventosa: collocazione da molti ritenuta gravemente inadeguata.[6]
Molti anni dopo la sciagura, Maria Eleonora Fais, sorella di Angela Fais, recupera il rapporto del vicecapo della polizia Giuseppe Peri secondo cui l’aereo sarebbe stato colpito da proiettili durante un bombardamento. Nello scritto si attribuiva la responsabilità a sovversivi di destra in collaborazione con alcuni mafiosi.
Nel 2012 riemerge una fotografia scattata il giorno successivo al disastro aereo. Ritrae una parte dell’ala del velivolo, su cui risulterebbero visibili tre fori di entrata prodotti da proiettili di grosso calibro. La nipote di una delle vittime richiede quindi dalla Procura di Catania di effettuare ulteriori indagini. È uno dei vari tentativi di riapertura dell’inchiesta, effettuati negli anni dai familiari delle persone coinvolte nella sciagura. L’ultima istanza in tal senso viene respinta nel dicembre 2020, nonostante una consulenza tecnica redatta dal professor Rosario Marretta ipotizzi la presenza di esplosivo a bordo.
Della vicenda si è interessata anche la Commissione parlamentare antimafia. Secondo uno dei consulenti, il giudice Guido Salvini, “la ricostruzione secondo cui Montagna Longa sarebbe stata causata da un attentato si integra molto bene con il contesto degli eventi politico-eversivi della Sicilia di quegli anni. Ho letto la perizia mi sembra molto convincente: un sabotaggio molto simile a quello che colpì l’aereo di Enrico Mattei nel 1962 a Bescapè.”[7]
Il reperto mancante
Un nuovo esame del caso viene sollecitato a marzo 2024 da Alessandra Dini, figlia del secondo pilota Bruno Dini, che all’epoca del disastro aveva poco più di due anni, e Roberto De Re, nipote di Roberto Bartoli, primo pilota. Tra i documenti correlati, non risulterebbe visionabile il reperto 8024/5, contenente il nastro del Flight recorder del volo AZ 112. “Ho sollecitato più volte il tribunale a darmi notizia in merito al reperto ma a tutt’oggi questo non è stato ancora rinvenuto dopo vari mesi di ricerca”, dichiara l’avvocato Stefano Maccioni, che assiste Dini e De Re. “Certamente una attenta analisi di quel nastro attuata con le moderne tecnologie potrebbe rivelarci molte cose e chiarire molti dubbi.”
“Non posso più sopportare nemmeno insinuazioni sul corretto operare di mio padre”, considera Alessandra Dini. “Ho conosciuto purtroppo mio padre attraverso quanto mi ha raccontato mia madre. In particolare dopo l’incidente mi ha riferito che ricevette varie telefonate con le quali le chiedevano se suo marito avesse avuto problemi di salute, economici o addirittura se avessero avuto litigi.”
A quanto riporta L’Espresso, Dini e De Re, insieme con Rosario Marretta, hanno deciso inoltre di proporre querela nei confronti dell’autore di un video che, ricostruendo la tragedia di Montagna Longa, afferma senza ombra di dubbio che sia conseguenza di un errore dei piloti.
[1] Very High Frequency Omnidirectional Range, sistema di radionavigazione per aeromobili. Dal 1949 l’ICAO lo ha definito come standard per le navigazioni a corto e medio raggio, sostituendo i radiosentieri a quattro braccia funzionanti in bassa frequenza.
[2] F. Terracina, L’ultimo volo per Punta Raisi, Nuovi Equilibri, Viterbo, 2012.
[3] Espressione che designa il boom edilizio che, negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, ha radicalmente ridefinito, stravolgendola, la fisionomia architettonica di Palermo.
[4] Giovanni Spampinato (6 novembre 1946-27 ottobre 1972), giornalista de L’Ora e de L’Unità, vittima del terrorismo di estrema destra.
[5] Salvatore Giuliano (16 novembre 1922-5 luglio 1950), brigante e terrorista, il cui nome resta principalmente legato alla strage di Portella della Ginestra (1º maggio 1947), in cui lui e la sua banda hanno ucciso undici persone, ferendone altre ventisette.
[6] Secondo quanto denunciato dal giornalista e attivista Giuseppe Impastato (5 gennaio 1948-9 maggio 1978), gli interessi della politica e di alcune famiglie mafiose avevano fatto sì che aeroporto fosse comunque realizzato.
[7] https://lespresso.it/c/attualita/2024/3/8/i-familiari-dei-piloti-dellaereo-di-montagna-longa-basta-insinuazioni-sui-nostri-cari-vogliamo-la-verita/50298 (consultato il 4 maggio 2024).