Roma. Tre prostitute uccise ieri nel cuore della Capitale, in via Augusto Riboty e in via Durazzo, nel quartiere Prati, a pochi passi dal tribunale di piazzale Clodio. Quartiere elegante, frequentato principalmente da professionisti. Lo stesso quartiere in cui, nell’agosto 1990, trovò la morte la giovane Simonetta Cesaroni, nello stabile di via Poma n. 2, in circostanze ancora avvolte nel mistero.
Gli investigatori hanno operato fino a tarda notte sulle scene del crimine. I residenti, ancora sotto choc. Molti erano al corrente delle attività svolte nei due locali in cui sono avvenuti i delitti: “Sapevamo quello che accadeva in quelle due case”. Le vittime: due prostitute di origini cinesi che esercitavano da tempo la professione nell’appartamento regolarmente affittato in via Riboty. Secondo la ricostruzione de Il Messaggero, le prime a essere state uccise, ieri mattina, dall’assassino che poi si è diretto verso la seconda casa di appuntamenti del quartiere, in via Durazzo. Qui ha ucciso Marta Castaño Torres, in arte Yessenia, prostituta 65enne di origini colombiane. Anche in questo caso, la donna operava in un locale regolarmente affittato, adibito a casa di appuntamenti in cui esercitavano la sorella della vittima, Maria, una trans di 60 anni, e un’altra donna trans, Paola sua coetanea. Sessanta metri quadrati al civico 38, un piano rialzato arredato con luci rosse e un letto circolare. L’ingresso, sulla rampa del parcheggio, garantiva discrezione. “Tutti sapevamo. Chi nega, mente. Perché gli uomini entravano e uscivano a qualunque ora del giorno della notte”, dichiara un professionista residente in via Durazzo.
Il giro di prostituzione era sulla bocca di tutti, scrive Il Messaggero, ma nessuno si era mai sognato di denunciare. Proprio davanti al civico 28 di via Riboty (teatro del duplice omicidio delle donne cinesi) c’è una pizzeria, il cui titolare racconta al quotidiano: “Queste due ragazze non le ho mai viste ma che in quell’appartamento si prostituivano era risaputo.” “Nell’ultima assemblea”, rivela uno dei condomini, “ne abbiamo parlato a lungo. Stava diventando un problema perché quel via vai continuo non ci faceva stare sicuri.” Un residente nella strada aggiunge: “Dovrebbero esserci molte più telecamere per sentirci più sicuri anche se va detto che qui è la prima volta che succede una cosa così grave. Prima di questa tragedia avevo sentito al massimo della morte di un cliente ma nulla di più.”
In ogni caso, attendiamo che gli sviluppi delle indagini confermino o meno la tesi secondo cui nella zona si aggiri un omicida seriale o, secondo una definizione che sembrerebbe adattarsi maggiormente al caso di specie, uno spree killer, o omicida compulsivo.
Uccise a Roma due ragazze cinesi e una trans, spunta l’ipotesi serial killer