L’Aquila. Con l’approvazione del piano di riordino della rete ospedaliera cambia volto la sanità abruzzese: 3.255 i posti letto per acuti nel pubblico, nove in più rispetto alla precedente programmazione, mentre i posti letto restano invariati nel settore privato e cioè 553 per acuti, 47 per la lungodegenza e 389 per la riabilitazione, per un totale di 989. Cambia, con il nuovo piano, la rete ospedaliera: ci saranno un presidio di secondo livello, con la connessione funzionale degli ospedali di Chieti e Pescara, due presidi di primo livello ad alta specializzazione (L’Aquila e Teramo, nell’attesa dello studio di fattibilità per l’ospedale di secondo livello), tre presidi di primo livello standard (Lanciano, Vasto e Avezzano), quattro ospedali di base (Giulianova, Sant’Omero, Atri, Sulmona) e due ospedali di area disagiata (Penne e Castel di Sangro). Il presidio di Popoli (Pescara) sarà un centro di riabilitazione regionale e il presidio di Ortona (Chieti) rafforza la vocazione oncologica, oltre a divenire punto di riferimento della dermatologia in Abruzzo e della procreazione medicalmente assistita. Il presidio di Atessa (Chieti), con numeri al di sotto degli standard consentiti, verrà riqualificato in un presidio in grado di dare assistenza ai pazienti anziani e fragili. Per quanto riguarda le strutture di Tagliacozzo (L’Aquila), Casoli (Chieti), Pescina (L’Aquila), Gissi e Guardiagrele (Chieti), la nuova programmazione regionale ha implementato le loro attività e diventeranno ospedali di Comunità con un’assistenza medica e infermieristica, con una rete di emergenza h24 e missioni diverse dalla chirurgia ambulatoriale alla riabilitazione territoriale. Il nuovo Piano è stato illustrato in conferenza stampa dall’assessore alla programmazione sanitaria della Regione Abruzzo, Silvio Paolucci. Presenti, tra gli altri, il direttore dell’Agenzia sanitaria regionale, Alfonso Mascitelli, il direttore del Dipartimento regionale della Sanità, Angelo Muraglia, il sottosegretario alla presidenza della Giunta regionale, Camillo D’Alessandro, componenti della Giunta e consiglieri regionali. G “Il piano ha detto Paolucci non solo migliora la qualità dell’offerta sanitaria in Abruzzo, ma guarda anche con attenzione agli esiti delle prestazioni, favorendo concretamente l’integrazione con l’assistenza territoriale. Con il decreto 55 abbiamo approvato il piano di riqualificazione del sistema sanitario regionale, all’interno del quale una parte consistente e importante è il riordino della nuova rete ospedaliera, approvato con il decreto 79 del 21 luglio. Ieri, infine, abbiamo recepito con una delibera di Giunta l’intero pacchetto del decreto 55, che ci consente di chiedere al Consiglio dei Ministri di uscire dal commissariamento. Siamo stati la prima regione in Italia a concludere, positivamente, l’iter disposto dal decreto Lorenzin e per questo sono orgoglioso del lavoro che abbiamo svolto in questi mesi”. “Con la nuova rete ospedaliera ha sottolineato razionalizziamo i costi, investiamo sui percorsi tempodipendenti, garantendo la rete emergenzaurgenza, aumentiamo il know how e l’esperienza degli operatori, ma soprattutto miglioriamo la qualità dei servizi. Rispetto alla precedente programmazione abbiamo mantenuto lo stesso numero di posti letto per acuti nelle quattro aziende sanitarie, anzi abbiamo aumentato di nove unità, e così rispondiamo a chi invece sostiene il contrario. Noi guardiamo avanti, vogliamo mettere ordine a un settore che ha vissuto nel caos, mentre centrodestra e M5S hanno esercitato soltanto populismo e demagogia, e nonostante questo, i loro risultati elettorali sono stati negativi”. “In due anni ha affermato D’Alessandro abbiamo riformato i due settori che rappresentano il 99 per cento del bilancio regionale: la sanità e i trasporti. Le riforme si potevano e si dovevano fare prima, senza arrivare all’emergenza, che poteva essere evitata. Il centrodestra ha avuto la possibilità di salire in cattedra e fare le cose, ma in oltre 60 mesi non l’ho ha fatto; lo abbiamo fatto noi in due anni. Questa classe di governo non si vergogna di discutere al suo interno. La maggioranza discute e questa si chiama democrazia, poi ha concluso si trova la sintesi”.