L’Aquila. Raffica di sequestri per diversi milioni di euro e decine di persone iscritte nel registro degli indagati: si annunciano rilevanti, a oltre 7 anni dal sisma del 6 aprile 2009, le risultanze di una maxi inchiesta della procura della Repubblica dell’Aquila sui “furbetti” della ricostruzione, sospettati di aver fatto carte false per accaparrarsi contributi per il recupero degli immobili danneggiati dal terremoto, quindi per l’accusa arricchendosi sulla tragedia. Secondo fonti investigative i casi individuati sono una cinquantina e a tale proposito tremano sia i proprietari di immobili beneficiari dei contributi sia i tecnici che hanno istruito le pratiche. Coordinata dai sostituti procuratori Simonetta Ciccarelli e Fabio Picuti, l’inchiesta entrerà nel vivo nelle prossime settimane. Finora, sono stati effettuati quattro sequestri per circa 1 milione di euro, l’equivalente della somma erogata finora sulla base di “false certificazioni”, con complessivi cinque indagati. In questo caso, le indagini sono state condotte dal Corpo Forestale dello Stato con la Guardia di finanza che ha effettuato i sequestri. Le Fiamme Gialle, con il nucleo di polizia Tributaria del comando provinciale dell’Aquila, hanno condotto la parte più cospicua. La chiave di volta investigativa è stata costituita da un metodo ormai collaudato, quello di incrociare i dati tra la residenza formale di chi riceve contributi e la dimora abituale. Gli investigatori hanno dovuto analizzare inizialmente qualcosa come 20 mila pratiche, ridotte a 2 mila e poi, tra quelle che hanno avuto gli indennizzi e risarcimenti più ingenti, si è arrivati prima a 300 e infine a 50. Acquisito presso gli enti interessati tutto il materiale relativo alle pratiche, per inserirlo in un database capace di incrociare i dati con le domande presentate dai cittadini. Come comunicato dalla procura nelle passate settimane, si tratta di un “progetto pilota” in quanto si è dato valore ad alcuni dati che, confrontati tra loro, hanno permesso un monitoraggio sicuro del danaro erogato. Le statistiche, in particolare, sono state desunte attraverso l’interrogazione delle banche dati create dai vari uffici che operano sul territorio, in particolare quelle create presso gli uffici speciali per la ricostruzione dell’Aquila (Usra) e del “cratere” (Usrc), il Comune capoluogo e gli uffici dei Vigili del fuoco. A tal proposito, sarebbero emerse contraddittorietà nelle dichiarazioni rese dai cittadini in occasione delle richieste di indennizzo avanzate a vario titolo nei confronti del Comune: beni mobili danneggiati, contributo autonoma sistemazione, riparazione di immobile, richiesta recupero beni. Istanze che, sempre secondo la nota della procura, “già a una prima lettura apparivano sintomatiche di falsità e conseguente inesistenza del diritto a beneficiare dell’emolumento richiesto”. L’attività di indagine è partita lo scorso anno su input dell’ex procuratore capo, Fausto Cardella, da alcuni mesi procuratore generale a Perugia, che in un più ampio progetto investigativo ha voluto coinvolgere le sezioni di polizia Giudiziaria del Corpo Forestale dello Stato e della polizia Municipale, coadiuvate per esperienza e tecnica investigativa sul tracciamento del danaro sia dal nucleo di polizia Tributaria che dalla sezione di polizia Giudiziaria della Guardia di finanza. A disporre i primi sequestri sono stati i giudici per le indagini preliminari presso il tribunale dell’Aquila, Giuseppe Romano Gargarella e Guendalina Buccella, su istanza dei pm Ciccarelli e Picuti. Inquirenti appartenenti al gruppo Crasi (Centro ricerca e analisi per lo sviluppo investigativo), banca dati sulla ricostruzione postsisma contenente indagini, documenti, interdittive e altre informazioni, avviata all’Aquila come progetto sperimentale a livello nazionale per valorizzare i dati grazie al lavoro della Direzione nazionale antimafia (Dna).