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L’Abruzzo si solleva di 1 millimetro l’anno, domani la XXV Convention Nazionale delle Guide Ambientali Escursionistiche Aigae

Redazione Centrale di Redazione Centrale
27 Ottobre 2017
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L’Aquila. “Il territorio abruzzese si è sollevato e si solleva. Tutta l’area abruzzese dal settore montano a quello collinare costiero ha subito, negli ultimi 1-2 milioni di anni, un processo di sollevamento regionale che ha costruito i rilievi. La crescita è lenta impercettibile (parliamo di 0,2-1 mm anno) – ha affermato il Prof. Tommaso Piacentini geomorfologo dell’Università “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara – ma che su tempi lunghi ha portato a sollevamenti di alcune centinaia di metri e oltre. Contemporaneamente, le faglie hanno portato alla formazione di ampie depressioni intermontane come quella del Fucino, di Sulmona o dell’Aquila. “Se da un lato il rilievo si costruisce, dall’altro i processi esogeni (erosione dei fiumi, erosione del suolo, frane, ghiacciai, ecc), legati al clima e ai suoi cambiamenti, hanno portato al progressivo smantellamento dei rilievi e importanti modificazioni nel paesaggio, basta pensare che oltre 1 milione di anni fa tutta l’area collinare abruzzese non esisteva, era sotto il livello del mare”. Sono i risultati degli studi dei geomorfologi italiani dell’Associazione Italiana Geomorfologia e Geografia Fisica che domani, Sabato 28 Ottobre parteciperanno alla XXV Convention Nazionale delle Guide Ambientali Escursionistiche Aigae, in corso di svolgimento a Civitella Alfedena. Domani l’intervento dei geomorfologi, alle ore 10, presso il Centro Polifunzionale di Civitella.

Ben 8500 frane e oltre 16.000 aree in dissesto. “In Abruzzo sono censite oltre 16000 aree in dissesto (8500 frane).  Ma questo dato non è statico nel tempo. In ogni evento meteorico intenso (forti precipitazioni, nevicate, ma anche in occasione dei terremoti) si verificano nuovi dissesti (centinaia o anche migliaia) tra frane fenomeni di erosione del suolo, esondazioni ecc. Dopo l’evento del Gennaio 2003  sono state censite circa 1300 frane verificatesi in soli 3 giorni  – ha proseguito Piacentini dell’Università di Chieti Pescara e referente Abruzzo dell’Associazione Italiana Geomorfologia – ed ugualmente dopo precipitazioni intense di un singolo giorno verificatesi nel 2007, 2011, 2012, sono state censite centinaia di nuove frane e profondi fenomeni di erosione del suolo; nel marzo 2015 sono state censiti oltre 3000 fenomeni di dissesto (quasi 1400 frane, oltre 500 aree interessate da esondazioni e allagamenti, 800 siti danneggiati da nevicate e oltre 300 da vento forte), documentati a livello regionale. Questi fenomeni devono essere studiati con analisi geomorfologiche specifiche a scala regionale e su interi bacini idrografici, solo così è possibile comprenderne significato ed evoluzione e fare una corretta opera di prevenzione”.

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Cosa è accaduto dopo Rigopiano? “Nel gennaio 2017 gli eventi metereologici particolarmente intensi, anche in combinazione con gli eventi sismici del 18 gennaio, hanno determinato di nuovo diverse tipologie di dissesti. Decine di valanghe nelle aree montane dissesti e frane nelle aree collinari – ha continuato Piacentini –  esondazioni nei corsi d’acqua principali (tra cui in particolare il Pescara). Si sono verificate numerose grandi frane, anche nei giorni successivi, che hanno portato alla evacuazione di intere frazioni di paesi (come nei casi di Civitella del Tronto, Campli, ecc) dove interi versanti sono stati interessati da dissesti. I dati geomorfologici sono tanti e sono fondamentali per conoscere il territorio e fare una corretta prevenzione. Ma per fare questo devono essere effettati studi specifici multiscalari e multitemporali che possano integrare i dati in sistemi di analisi e monitoraggio condivisi. Questo, ad esempio, può portare a capire come alcuni fenomeni si ripetono sempre nelle stesse aree altri sono nuovi e interessano nuove aree”.

I geomorfologi parleranno del paesaggio nel futuro. “Tutti questi dati ci indicano che dobbiamo considerare questi fenomeni come assolutamente naturali – ha dichiarato Gilberto Pambianchi, Presidente Nazionale Geomorfologi Italiani – si sono verificati in passato, si verificano nel presente e si verificheranno nel futuro. Le conoscenze geomorfologiche possono fornire degli strumenti di adattamento. Per guardare al futuro è fondamentale una conoscenza completa dei processi geomorfologici, un monitoraggio dettagliato dei fenomeni che si verificano nel tempo e in particolare a ogni calamità (piogge intense, alluvioni, frane, terremoti). Ma questo non è sufficiente; è necessaria la condivisione e l’inserimento di questi dati negli strumenti e nei piani regionali e nazionali; solo così sarà possibile valutare le variazioni nel tempo anche in connessione con i cambiamenti climatici. Questa è la base per la conoscenza degli scenari di pericolosità e di rischio, per la pianificazione territoriale del presente e diventa la chiave per la definizione degli scenari futuri del paesaggio”.

I Geomorfologi lanceranno proposte concrete sull’interpretazione geomorfologica del territorio. “Per l’Italia l’heritage interpretation – ha concluso Gilberto Pambianchi – è fondamentale. Anzi nella stessa ottica il paesaggio deve essere considerato come patrimonio (che a livello internazionale è anche definito geomorphological heritage) con la sua interpretazione geomorfologica. Il paesaggio, infatti, è patrimonio di tutti, dei tecnici come fonte di dati e informazioni, di tutti gli altri come fonte di bellezza ma ricca di messaggi fondamentali. Sul territorio sono definiti GEOSITI e i GEOMORFOSITI; sono siti di interesse geologico e paesaggistico, definiti a livello nazionale dall’ISPRA (Istituto Superiore di Ricerca e Protezione Ambientale), che rappresentano importanti strumenti per la comprensione e divulgazione della storia geologica e della dinamica del paesaggio. La osservazione del paesaggio, la comprensione e interpretazione della sua dinamica geomorfologica, da parte di scienziati e tecnici, ma anche da parte delle guide “interpreti”, con l’opportuno supporto di esperti, diventa uno strumento fondamentale per tutti (turisti, appassionati e popolazione in generale), a partire dai BAMBINI, in particolare nelle aree protette, ma in tutto il territorio. Imparare a osservare, leggere e interpretare un paesaggio è uno spettacolo che appassiona, ma diventa per tutti uno strumento di conoscenza e di consapevolezza delle dinamiche geomorfologiche del territorio delle pericolosità naturali e dei rischi (che sono sempre legati alla presenza dell’uomo). Diventa un fondamentale strumento di prevenzione”.

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