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Il sindaco di Navelli dice no all’uso del “Made in Italy” per i prodotti lavorati all’estero

Luna Zuliani di Luna Zuliani
2 Settembre 2022
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Navelli.  “Politica e istituzioni si muovano per fermare un accordo che rischia di fiaccare la qualità del Made in Italy e dello zafferano”. L’affondo è di Paolo Federico sindaco di Navelli in riferimento al recente accordo tra l’A.C Milan e la Oro Rosso Milano.

“In Italia abbiamo tutte le abilità per lavorare lo zafferano. Non è necessario ricorrere a quelle delle comunità dell’Uzbekistan”, ha aggiunto il primo cittadino del comune simbolo dello zafferano proprio in riferimento all’accordo tra le due società che per l’appunto prevede la lavorazione di bulbi coltivati in Lombardia dagli uzbeki. “Certo nel commercio ognuno è libero di fare come meglio crede, ma di sicuro non occorre essere esperti di marketing per capire che il prestigio e la visibilità di una società come il Milan meglio si sposerebbe con la tradizione italiana e soprattutto con il profondo legame che lega il capoluogo lombardo con l’Abruzzo in termini di nascita del risotto alla zafferano”, ha aggiunto in riferimento alla storia della nascita del tipico piatto milanese che sembrerebbe derivare dell’intervento di un abruzzese.

“Inoltre, si parla tanto del Made in Italy e poi si procede per far lavorare il prodotto in un altro paese. A questo punto sono convinto che sia sempre più necessario l’intervento del presidente della Regione, Marco Marsilio, delle altre sfere politiche, sindacati e delle istituzioni tutte in quanto si sta creando un vero e proprio danno all’intera trafila dello zafferano. In particolare, qualcuno deve spiegarci come sia possibile prendere gli steli nati da bulbi italiani e lavorarli a qualche migliaio di chilometri di distanza, quando tutti sanno che il prodotto deve essere raccolto e subito lavorato altrimenti si deteriora. Questo senza dimenticare il lungo lavoro fatto per ottenere la DOP assegnata a 13 comuni dell’Aquilano e agli enormi sforzi per mantenere la tradizione acquisita nei secoli per la preziosa spezia. Infine, se proprio l’Uzbekistan riecheggia di via della seta non credo che gli stessi, fosse non altro per la distanza a cui si sottoporrebbe la spezia, possano abbiano idea di cosa significhi avere certificati di qualità, attenzione allo sfruttamento del terreno, adottare specifiche tecniche di lavorazione in riferimento a dettagliati protocolli e tutto quanto contraddistingue la qualità del nostro prodotto. Insomma, si parla tanto di tutela del Made in Italy, ma si rischia di trasformare lo zafferano in qualcosa di molto simile ai famigerati parmesan, buffalo mozzarella o pommarol”.

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