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Il calvario di una bimba da 10 anni senza docente di sostegno, i genitori: non siamo in un Paese civile

Redazione Cronaca di Redazione Cronaca
13 Aprile 2019
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Pescara. Ormai da 10 anni le viene negato un insegnante di sostegno, nonostante la battaglia avviata dai genitori, tra sentenze del Tar e diffide legali. È la storia di una bambina affetta da una delicata condizione clinica di sindrome di Down e crisi epilettiche, che frequenta la scuola statale di Morro d’Oro, paese della provincia di Teramo. A raccontarla in una lettera aperta sono i genitori, secondo i quali quello che sta accadendo nella scuola della figlia, “i diritti che le sono stati negati e i conseguenti danni subiti, non sono cosa degna di un’istituzione scolastica né di un paese civile”.

La mamma della bambina, Claudia Frezza, parla di un vero e proprio “calvario” che ha inizio dieci anni fa, fin dalla scuola dell’infanzia, quando alla figlia “vengono ridotte le ore di sostegno a solo nove ore a settimana a fronte di una diagnosi funzionale della Asl che prevedeva un rapporto di 1 a 1 (cioè l’orario completo di un docente di sostegno, ndr.). “Abbiamo impugnato il provvedimento dinanzi al Tar Abruzzo”, racconta la donna, “che con sentenza del 2013 ha disposto l’annullamento dello stesso, sancendo il diritto della minore ad essere affiancata da un insegnante di sostegno qualificato nel corso dell’intero orario scolastico”.

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“Negli ultimi due anni, però”, scrive la donna, “né la scuola – l’Istituto comprensivo di cui fa parte è quello di Notaresco (Teramo) – né l’Ufficio scolastico provinciale “si sono dimostrati in grado di trovare una soluzione al problema, in un vergognoso rimpallo di responsabilità”. Il risultato, racconta la mamma, è che “dal settembre 2017 alla bambina sono stati assegnati prima un insegnante ordinario, di inglese, e poi uno di educazione fisica, al posto di un “docente di sostegno qualificato, accampando come scusa la ‘carenza di organico’”.

“Oltre al danno la beffa”, aggiunge Frezza, spiegando che “la sostituzione, da noi richiesta con forza, del docente ordinario con un insegnante di sostegno qualificato ci è stata negata dalla scuola per di più perché avrebbe ‘compromesso l’andamento generale della classe'”. Di conseguenza, aggiunge, “negli ultimi due anni l’effettiva integrazione scolastica di mia figlia è stata completamente demolita e vanificata dalle istituzioni scolastiche”. Se la scuola si è dimostrata “completamente inadempiente, insensibile e sorda”, scrive la donna nella lettera, “il silenzio si è fatto ancora più assordante a seguito delle reiterate diffide legali che ci siamo visti costretti ad inviare da ottobre scorso alla dirigenza dell’istituto, all’Ufficio scolastico provinciale e Regionale, ultima quella del marzo 2019, per vedere garantito il diritto di mia figlia ad essere seguita da un insegnante di sostegno in esecuzione della sentenza del Tribunale”.

La donna parla quindi di “senso di frustrazione, rabbia, dolore, impotenza che abbiamo provato nel portare avanti per tutti questi anni una battaglia contro l’istituzione scolastica, che dovrebbe essere per definizione una comunità accogliente e garantire a tutti gli alunni, a prescindere dalle loro diversità funzionali, nessuno escluso, il diritto allo studio e alla crescita individuale e sociale. Se la tutela e l’integrazione dei disabili non partono proprio dalla scuola, se i diritti costituzionalmente sanciti rimangono lettera morta, se le sentenze di un tribunale non vengono applicate”, conclude, “significa che stiamo costruendo una società in cui non c’è spazio né futuro per nostra figlia, per tutti i ragazzi come lei”.

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