Russia. Con un repentino cambio di strategia, Vladimir Putin ha bloccato la complicata e potenzialmente devastante operazione per stanare gli ultimi combattenti ucraini dall’acciaieria Azovstal e dichiarato “la liberazione” della città portuale, definita come “un successo”.
Il passaggio dall’assalto all’assedio permette a Mosca di celebrare una conquista da tempo agognata, che verrà probabilmente suggellata con una grande parata il 9 maggio, anniversario della vittoria sui nazisti nella Seconda guerra mondiale. “Non c’è bisogno di arrampicarsi in queste catacombe e strisciare sottoterra”, ha detto il presidente russo in versione comandante in capo, occhi negli occhi con il ministro della Difesa Serghei Shoigu: una scelta, ha detto, che mira a evitare perdite inutili tra le truppe, impegnandole in obiettivi militari più strategici, a partire dal Donbass.
Quelli che si arrenderanno, ha promesso, saranno risparmiati. Gli altri, è il piano del Cremlino, verranno soffocati lentamente, finché non resteranno senza rifornimenti e saranno costretti a deporre le armi. Perché Azovstal, ha preteso Putin, dovrà essere circondata in modo che “non possa passare una mosca”.
Che Mariupol sia caduta è “opinabile”, perché “non ci sono prove”, ha reagito il presidente americano Joe Biden, mentre neppure Kiev ammette la resa. Ma la città martire dell’Ucraina, dove in condizioni drammatiche restano intrappolati circa 120 mila civili, è di fatto sotto il controllo russo, come dimostra il blocco dei corridoi umanitari che anche oggi ha impedito l’evacuazione di almeno 200 civili in attesa, secondo il sindaco Vadym Boychenko.
Ieri erano riuscite a partire un centinaio di persone, molte donne e bambini, arrivate dopo una notte di viaggio su tre bus scolastici a Zaporizhzhia, ma nessuna di quelle bloccate nell’acciaieria, che secondo le autorità ucraine sono fino a un migliaio. Al momento dell’accerchiamento di Mariupol, ha dichiarato Shoigu, in città si contavano 8.100 tra soldati ucraini e mercenari stranieri. Oltre metà sono stati eliminati, mentre 1.478 si sono arresi. Quelli che restano sono i circa duemila combattenti, tra cui numerosi feriti, ancora asserragliati nell’impianto siderurgico strategico, tra i più grandi d’Europa, che Mosca ha scelto di preservare per la sua importanza strategica e industriale in vista del dopoguerra.
Per completare le operazioni, ha aggiunto il ministro della Difesa russo, serviranno ancora 3-4 giorni. Sul piano diplomatico si continua comunque a trattare una via d’uscita, dopo l’offerta dei negoziatori di Kiev di recarsi a Mariupol. I combattenti del reggimento Azov e i marines ucraini, che hanno sempre rifiutato di arrendersi, hanno chiesto di essere evacuati in un Paese terzo, con la Turchia già candidata a inviare una nave per sbloccare lo stallo. Anche perché la clessidra, adesso, scorre contro i difensori della città. La situazione, ha spiegato l’ad dell’acciaieria, Yuriy Ryzhenkov, è “vicina alla catastrofe. Quando è iniziata la guerra avevamo immagazzinato una buona scorta di cibo e acqua nei rifugi antiaerei e nelle strutture dell’impianto – ha spiegato -. Purtroppo, tutto tende a esaurirsi”. In più di 50 giorni di martellamento russo, Mariupol è stata devastata, con il 90% degli edifici danneggiati o distrutti. La conta delle vittime civili – oltre 20 mila secondo le autorità locali – resta frammentaria e incerta. Anche perché, al calare delle ostilità, emergono nuove atrocità. “I nostri cittadini – ha denunciato ancora il sindaco – hanno riferito che oggi a Mangush, vicino Mariupol, i soldati russi hanno scavato una fossa comune di 30 metri e portato dei corpi con i camion”.