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Emergenza sanitaria, rianimatori: serve una riorganizzazione del sistema del 118

Redazione Cronaca di Redazione Cronaca
23 Marzo 2021
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Pescara. A 30 anni dall’istituzione del 118 come numero unico per le chiamate di emergenza serve “una riorganizzazione del sistema”, considerando, come ha mostrato anche la pandemia, che “la realtà italiana è disomogenea nello sviluppo e implementazione di modelli organizzativi integrati alle reti ospedaliere dell’emergenza e delle terapie intensive”.

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È la posizione espressa nel documento ‘Il Sistema ExtraOspedaliero di Emergenza Sanitaria’ messo a punto dalle società italiane di anestesia e rianimazione.

Secondo Siaarti (Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia intensiva), Aaroi-Emac (Associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri Italiani) e Cpar (Collegio dei Professori di Anestesia e Rianimazione) “il ripensamento del sistema extra-ospedaliero di emergenza sanitaria deve essere guidato da standard minimi basati sui principi di appropriatezza, tempestività, equità di organizzazione sul territorio nazionale e
ottimizzazione delle risorse”.

Per riformare il sistema, secondo le società scientifiche, serve una governance unitaria.

Come rileva la presidente della Siaarti, Flavia Petrini, “ad oggi continuiamo a registrare una profonda disomogeneità strutturale, che aumenta la difficoltà a fornire risposte coordinate ed efficienti all’emergenza su tutto il territorio nazionale anche in caso di maxi-emergenze, come dimostra la pandemia, che necessitano una stretta collaborazione fra i vari sistemi territoriali diversamente organizzati nelle varie Regioni”.

Il personale sanitario e tecnico va coinvolto nella pianificazione del modello organizzativo e della sua gestione, avviato un nuovo modello organizzativo basato su idonee competenze e sul rifiuto dell’occasionalità e prevista un’adeguata formazione nell’area della medicina critica dell’emergenza, con percorsi specifici per gli infermieri. Per Alessio Vergallo, presidente dell’Aaroi, “il servizio nulla ha a che fare con la medicina di famiglia, mentre invece in
troppe Regioni è svolto in convenzione attraverso un apposito settore dell’Accordo collettivo nazionale della
Medicina Generale. Non è un servizio dove un medico vale l’altro, ma va affidato a medici ed infermieri
appositamente formatisi”.

Tags: coronavirus
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