L’Aquila. La scoperta della discarica di vestiti firmati destinati sette anni fa agli sfollati del sisma e mai giunti a destinazione ha fatto discutere, sui social e non solo. Sono trascorsi diversi giorni da quando gli uomini del Nipaf (Nucleo investigativo di polizia ambientale e forestale), depositando i balconi sotto sequestro del progetto Case di Cese di Preturo all’interno dell’autoparco comunale, trovarono scarpe di marca ancora incellofanate insieme a indumenti vari, gettati in un cumulo di immondizia. Ma da dove vengono quelle scarpe? Come sono finite lì? In attesa che le indagini facciano il loro corso, abbiamo cercato di ricostruire, attraverso diverse testimonianze vicine in qualche modo alla vicenda, la “storia” di questi pacchi. Tutto cominciò nel comune di Poggio Picenze, dove il cinque agosto 2009, quattro mesi dopo il sisma, i militanti di Casapound Italia, che fino a giugno si erano occupati della gestione degli aiuti nel paese, scaricarono in un magazzino 5943 paia di scarpe della marca Vans, per un valore totale di quasi 40000 euro, che vennero in parte distribuite alla popolazione. Dopo l’emergenza, a cavallo tra il 2010 ed il 2011, i pacchi vennero trasferiti a L’Aquila, nei capannoni di via Ulisse Nurzia. Solo nel 2012 il materiale fu trasferito in un locale dell’autoparco comunale, ma poiché quest’ultimo venne dichiarato “parzialmente inagibile”, alle sventurate scarpe fu trovata l’attuale sistemazione. Le più fortunate vennero invece donate agli emiliani, vittime del terremoto del 2012. Di chi sono le responsabilità? Chi doveva occuparsi di catalogare quei pacchi e magari di farne un inventario? Viene da chiedersi se esistano situazioni simili anche nei paesi del cratere, dato che all’ immensa mole di aiuti provenienti sette anni fa da enti, associazioni e cittadini volenterosi si è sommata spesso l’incapacità di chi aveva il compito di gestirli. La vicenda dell’Autoparco apre quindi una questione più ampia e complessa, non più trascurabile. @DiegoRenzi