Pescasseroli. Stambecco, aquila reale, orso marsicano, lupo, camoscio appenninico, scarpetta di Venere e gatto selvatico: sono loro quest’anno “i magnifici sette” al centro del report di Legambiente dal titolo “Natura Selvatica a rischio in Italia” in cui l’associazione ambientalista – alla viglia della Giornata mondiale della fauna selvatica dedicata quest’anno al recupero di specie chiave per il ripristino dell’ecosistema – fa il punto sulla biodiversità della nostra Penisola.
In particolare, viene reso omaggio ad alcune specie presenti nel Parco nazionale del Gran Paradiso (Pngp) e nel Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise (Pnalm), le due aree protette più antiche della Penisola e che festeggiano cento anni di storia. Sono specie che, spiega Legambiente, “in questi anni sono state protette e tutelate grazie al prezioso lavoro dei parchi” che assieme alle aree naturali
“sono preziosi alleati per frenare la perdita di biodiversità, contrastare la crisi climatica e mantenere efficienti gli ecosistemi. Fondamentale – afferma l’associazione ambientalista – incrementare al 2030 queste aeree e definire una strategia di adattamento e di mitigazione al cambiamento climatico”.
I parchi, aggiunge la ong, “sono presìdi sicuri di conservazione attiva di tante specie a rischio oggi sempre più minacciate dalla perdita e frammentazione degli habitat, dalla crisi climatica, dal bracconaggio, dall’uso di bocconi avvelenati, dall’ibridazione, dall’introduzione di specie invasive, dall’attività antropica, solo per citarne alcuni”. Il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani, sollecita “l’aggiornamento della Strategia Nazionale per la Biodiversità che deve scaturire da un percorso di partecipazione di tutti i portatori di interesse e dalla condivisione tra tutte le istituzioni. Un percorso che deve anche essere finanziato e integrato con le altre strategie nazionali e comunitarie per raggiungere diversi obiettivi a partire dall’incremento fino al 30% delle aree protette entro il 2030”.
Alcune delle sette specie analizzate, spiega Legambiente, sono comuni ad entrambi i parchi – come l’aquila reale, il lupo e la scarpetta di Venere – altre invece sono caratteristiche solo di una particolare area, come l’orso bruno marsicano e il camoscio appenninico, ma tutte sono esempi di specie prioritarie da tutelare e in alcuni casi fortemente minacciate (come ad esempio nel caso della la scarpetta di Venere, dell’orso bruno marsicano e del gatto selvatico), che si ergono a simbolo delle attività di conservazione della natura e in qualche modo ambasciatrici di territori di incomparabile bellezza ed importanza. “Una corretta
gestione della fauna selvatica – spiega Antonio Nicoletti, Responsabile Nazionale Aree Protette e Biodiversità di Legambiente – ha bisogno di riforme e di un aggiornamento delle norme nazionali agli indirizzi comunitari.
Rafforzare la tutela di specie a rischio e ridurre i tanti conflitti sociali aperti è nell’interesse, in primis, delle aree protette che sono gli enti più esposti poiché dovranno garantire i successi raggiunti nella salvaguardia di specie a rischio e che oggi sono ancora senza strumenti di pianificazione adeguati. Le problematiche di gestione del lupo e dell’orso bruno dimostrano, ad esempio, che per difendere la biodiversità ci vuole innanzitutto capacità istituzionale di gestire la complessità territoriale, partendo da obiettivi condivisi, conciliando le esigenze delle attività antropiche con la presenza di vitali popolazioni di fauna selvatica, accompagnando i processi con una potente azione di informazione, formazione e coinvolgimento attivo dei diversi portatori di interessi”, conclude.