L’Aquila. L’Abruzzo ha 305 comuni per una popolazione residente di 1 milione e 300 mila abitanti che vive per il 19 % in 56 comuni . Nella classificazione di Piccoli Comuni in Abruzzo abbiamo 249 comuni fino a 5000 abitanti, 219, fino a 3000, 194 fino a 2000 e 121 fino a mille abitanti. Il 73,4 % dei comuni sono classificati montani e occupano il 76,4 della superficie %. In Italia i Piccoli sono il 73% del numero dei Comuni, e gestiscono il 54% del territorio. La popolazione che risiede nei comuni con meno di 5000 abitanti , 345 mila, pari ad un tasso del 26%. Abbiamo una popolazione che invecchia il tasso del rapporto tra mortalità e natalità si è quasi raddoppiato in negativo tra il 2012 e il 2016 passando dal 2,4 al 3,9. Questi semplici numeri ci dicono che dobbiamo andare ad una totale inversione di politiche per fermare queste tendenze distruttive della vita dei nostri comuni, che non sono solo lo spopolamento ma l’ abbandono dei presidi minimi e indispensabili per di cura e gestione del territorio
L’emergenza neve dello scorso gennaio ha reso in maniera evidente la gravità di questi fenomeni più di 50 milioni sono le richieste di 260 comuni solo per la i piani neve straordinari e almeno 300milioni è la stima dei danni che ha provocato l’evento calamitoso, senza conteggiare i danni derivanti dall’interruzione di fornitura dell’energia elettrica che sarà coperta dall’ ENEL e da Terna sia ai cittadini che per il ripristino delle linee. I fenomeni di dissesto idrogeologico con l’attivazione di frane di proporzioni enormi ad oggi non ha una quantificazione precisa ma è enorme nella stima, si sommano alle situazioni che ormai ciclicamente si producono nelle nostre zone come fenomeno endemico e costante a causa degli eventi metereologici che hanno cambiato intensità e frequenza a causa dei cambiamenti climatici e la scarsa o assente manutenzione delle nostre strade che sono aggravati dalle sciagurate scelte sugli enti che erano preposti a questo funzione.
Questo breve quadro da solo ci fa percepire che la richiesta di politiche di sostegno ai piccoli comuni è un investimento sul futuro sostenibile della nostra comunità e del nostro paese . A ben guardare, su queste aree del Paese si gioca la sfida più importante per attuare il principio di uguaglianza sostanziale consacrato nella nostra Costituzione.
Il “progetto controesodo” che sarà a base della Assemblea nazionale dei piccoli comuni che si terrà a San Benedetto del Tronto il 1° luglio, una strategia nazionale per promuovere processi virtuosi di sviluppo che ruotano intorno alle vocazioni territoriali e dalle eccellenze produttive locali. La strategia del CONTROESODO è stata teorizzata come questione nazionale che pone le aree interne dei borghi e paesi e dei Comuni montani al centro di un investimento di risorse adeguate per svilupparne le potenzialità, conservando il patrimonio etno-demo-antropologico, ambientale e culturale e fermare quindi lo spopolamento e l’invecchiamento. Ciò ha portato un obiettivo ed una visione di lungo periodo al posto di ciò che era stato per anni, lamento, inerzia, rivendicazione.
“Borghi e Paesi”.
Dobbiamo cogliere che sempre più strumenti si dedichino a questi temi : il Masteplan della Regione Abruzzo ha definito una linea di finanziamento e anche il Ministero della Cultura ha indicato il 2017, come l’Anno dei Borghi, per affermare la valenza culturale dei Borghi e Paesi italiani facendo partire una campagna di promozione turistica internazionale dedicata a questa risorsa da valorizzare. Anche il tema dell’Associazionismo va radicalmente ripensato : era formata da norme che imponevano l’obbligo associativo senza tenere conto delle condizioni reali né delle necessità reali dei Comuni; da limiti demografici sbagliati; da ruolo e prospettiva assolutamente inadeguati. La proposta del superamento dei limiti demografici e dell’obbligo associativo è stata sancita dai rapporti periodici del Ministero dell’Interno. Ora si devono aprono scenari diversi di riorganizzazione del territorio andando verso le aree omogenee come definita dalla nostra elaborazione nazionale in particolare sulla loro governance, che non può essere solo quello delle Unioni di Comuni, non serve aggiungere un nuovo ente locale per fare gestione. In Abruzzo abbiamo bisogno di superare l’emergenza che si è prodotta con l’abolizione delle Comunità Montane andando qui si alle Unioni di Comuni Montani su base volontaria e su porzioni di territorio diverse dalle vecchi confini. Abbiamo bisogno di un nuovo associazionismo quello che conosciamo è definito dal TUEL che prevede agli artt. 30. 31. 32; cioè le modalità per associare funzioni e servizi comunali sono disciplinate come Convenzioni, Unioni di Comuni, Consorzi: le prime sono forme estremamente facili da praticare e non mutano il quadro istituzionale dato, nel senso che i singoli Comuni associati conservano tutte le loro prerogative; le Unioni, nate come passaggio verso la fusione di Comuni, comportano la cessione di tali prerogative; i Consorzi mettono in comune nuove ed aggiuntive prerogative. A questi possiamo aggiungere altre forme derivanti da fonti comunitarie come LEADER, i GAL, o i Patti Territoriali che avevano di più la caratteristica di essere scelti dai comuni e più si avvicinavano al concetto di aree omogenee.
Associazionismo a rete Il legislatore lo ha trascurato invece dovrebbe essere preso in considerazione stante le potenzialità inespresse: l associazionismo a rete, costituito su dimensione nazionale ed articolazioni regionali, basato sulle specificità di settore, di prodotto, di eccellenza, di identità. Le associazioni a rete sono a comparti settoriali finalizzati a sostenere e promuovere le produzioni e le eccellenze locali, gli aspetti immateriali alla tradizione e del folclore, le caratteristiche identitarie le più varie legate alla manualità, all’oralità, all’artigianato di servizio sia all’agricoltura che all’enogastronomia o all’artigianato d’arte. Rientrano in questa tipologie le numerose reti rappresentate da RES Tipica di ANCI, i Borghi Più Belli, I Borghi Autentici , le città del vino, l’Associazione dei comuni delle Grotte.
La Strategia aree interne Dobbiamo puntare su questa politica, farla estendere a tutte le aree interne, come metodo e come linea di intervento finanziario. Dal punto di vista delle istituzioni del territorio, i comuni delle aree interne sono 4.261 Comuni (di cui 1.874 appartenenti alla tipologia “periferici” o “ultra-periferici”), e che rappresentano il 52,7% dei Comuni italiani .Si tratta di quasi un quarto di popolazione, che vive in circa tre quinti del territorio nazionale. Oltre 13 milioni e mezzo di abitanti, il 22,8% della popolazione nazionale, risiede in un comune di aree interne, per una superficie coperta pari a 183.959 kmq, il 61,0% della superficie totale del paese (Ifel, 2015).Il 70,2% dei comuni di “aree interne” ha una popolazione inferiore a 2.000 unità, mentre oltre la metà (51,4%) si colloca nella fascia tra i 2.000 e i 4.999 residenti (Ifel, 2015).In dieci anni, dal 2001 al 2011, la popolazione residente nei comuni delle “aree interne” è cresciuta circa la metà (il 2,2%) rispetto ai centri (4,9%) e alla media dei comuni italiani (4,3%) (Ifel 2015).Analogamente anche la densità abitativa nei comuni di aree interne, pari a 73,6 abitanti per kmq, è oltre cinque volte inferiore rispetto a quella dei comuni classificati come centri (391,0 abitanti per kmq) e circa tre volte meno di quella italiana (197,2 ab./kmq) (Ifel 2015). La strategia nazionale per le “aree interne” (Snai), indicata dal Governo italiano , interviene su un problema molto avvertito dal mondo delle autonomie territoriali: lo spopolamento progressivo e\o abbandono di molti comuni “interni”, per lo più di piccole dimensioni demografiche e\o di montagna, che soffrono di gravi disagi per le difficoltà di collegamento con i distanti centri urbani di erogazione dei servizi fondamentali (sanità, istruzione, mobilità).Investimenti significativi verranno canalizzati in questi comuni, sia con le risorse nazionali sia con quelle disponibili da vari programmi comunitari, per finanziare interventi che potenzieranno l’offerta scolastica, miglioreranno la ri-organizzazione dei servizi sanitari, ammoderneranno la rete dei collegamenti, materiali e immateriali. Scopo della strategia, infatti, è invertire il trend demografico negativo e sostenere crescita economica ed occupazionale. Il pregio della strategia è che con l’innovativa metodologia di programmazione e progettazione locale adottata sarà forse possibile far convergere intenzionalmente verso questi comuni altre azioni e risorse (comunitarie, nazionali e regionali) per coprire il fabbisogno di intervento. In questo caso dobbiamo focalizzare l’attenzione sul ruolo che i Comuni giocano nella strategia nazionale per le “aree interne”, mettendone in luce la capacità di ripensarsi come “sistema territoriale intercomunale”, oltre i limiti amministrativi disegnati per ciascuno di essi dall’ordinamento, attraverso l’organizzazione della gestione associata dei servizi e delle funzioni” proprie” loro attribuite dalla legge. Si osserverà come questo “ripensamento” dell’azione comunale sia richiesto come requisito per l’eleggibilità dei Comuni alla strategia d’intervento ed al contempo come condizione affinché gli investimenti promossi, sul versante del potenziamento dei servizi di cittadinanza (salute, istruzione, mobilità) e su quello dello sviluppo economico e sociale, raggiungano effettivamente i risultati attesi.
Aree pilota
Su 4.261 comuni (il 52,7% del totale) classificati dal Dps come “aree interne”; a novembre 2015, le “aree progetto” individuate erano 61 comprensive di 943 Comuni. Fra le 61 aree progetto sono state individuate 20 “aree pilota” che avvieranno la fase attuativa di Snai e che coinvolgono invece 317 comuni, 616.258 abitanti (l’1% della popolazione italiana) e una superficie di 15.872 kmq, ovvero il 5,3% della superficie della penisola italiana. In Abruzzo sono 4 Basso sangro- Trigno, Fino-Vestina, Subequana, Valle Roveto per 88 comuni, a cui si aggiungerà l’area cratere del Sisma 2016.