Stefano Schirato è un fotoreporter conosciuto a livello internazionale per i suoi reportage su tematiche sociali e ambientali. Uno dei suoi ultimi lavori è “Terra Mala” che documenta il disastro ambientale della Terra dei Fuochi, un’area tra le province di Caserta e Napoli dove per oltre trent’anni sono stati smaltiti illegalmente milioni di rifiuti tossici: attraverso la denuncia del degrado del territorio e delle condizioni di vita degli abitanti, “Terra Mala” racconta la forza di queste persone, l’amore per la loro terra, il coraggio di lottare per una vita migliore. È un progetto fotografico che si inserisce in un lungo percorso professionale e umano, illuminato da premi e riconoscimenti e da tante storie narrate: il dramma delle mine antiuomo in Cambogia, l’odissea dei migranti lungo la rotta balcanica, le vendette di sangue in Albania, Chernobyl e la zona intorno al reattore nucleare, le navi abbandonate e gli equipaggi dimenticati nei porti italiani, e molte altre. Negli ultimi anni, Stefano si è diviso tra tematiche sociali e politiche e fotografia di scena e backstage di alcuni film di Giuseppe Tornatore.
Collabora come freelance con riviste nazionali e internazionali (NYTimes, CNN, Washington Post, Newsweek Japan, Al-Jazeera, Le Figarò, Vanity Fair, L’Espresso), ed è docente di fotogiornalismo sia nella scuola Mood Photography di Pescara, di cui è socio fondatore, sia alla Leica Akademie di Milano. “È lo scatto di ciò che si sente non di ciò che si vede il segreto per una buona foto. In quel semplice clic c’è tutta la tua storia, i libri che hai letto, i film che hai visto, c’è tutto te stesso”.
Ecco la sua intervista, liberamente ispirata al Questionario di Proust:
Il tratto principale del tuo carattere? Sono molto aperto ed esprimo sempre quello che penso. Dopo due minuti di chiacchierata sai da che parte sto.
Qual è la qualità che apprezzi di più nei tuoi amici? La lealtà e la limpidezza nelle relazioni.
Il tuo peggior difetto? Il mio peggior difetto è che esprimo quello che penso. Sono interventista.
Cosa ti ha spinto a diventare un fotoreporter? Perché ho capito che la macchina fotografica era un mezzo molto interessante per raccontare soprattutto le mie idee. Dalla bella foto inutile alla foto impegnata politicamente è stato un salto naturale.
Se la fotografia è il racconto di una storia, la tua è una missione umana e sociale? Assolutamente sì. Ho deciso di fare politica, di veicolare le mie idee non con i cortei o con un voto, ma con lo stare dalla parte degli ultimi. Bisogna “sporcarsi” un po’ con l’esistenza degli altri per capire davvero come si sta con altri vestiti. Le bandiere, a volte, sono vuote. La vita non lo è mai.
La cosa più difficile è imparare a vedere o riuscire a trasmettere in uno scatto ciò che sei? Imparare a vedere è difficile ma, studiando, si riesce ad assimilare. Per riuscire a trasmettere, bisogna prima emozionarsi, arrabbiarsi, piangere, indignarsi.
Il tuo passatempo preferito? Sono riuscito a fare del mio passatempo preferito il mio lavoro. Quando ho tempo libero scatto fotografie. Quando lavoro, scatto fotografie. Sono monotono.
Un aggettivo che ti descrive? Curioso.
Cosa detesti? La zizzania, il sotterfugio, la poca chiarezza.
In un mondo dominato dai social, dall’apparenza e da un eccesso di esposizione attraverso selfie e foto di ogni singolo istante della propria quotidianità, si rischia un analfabetismo visivo? Si rischia la superficialità nelle azioni, nelle relazioni e quindi anche nella fotografia. La fotografia in questo tourbillon di immagini schizofreniche ha perduto il suo peso specifico.
Helmut Newton diceva che l’arte della fotografia consiste nello scoprire, emozionare, catturare: cosa aggiungeresti a questi tre verbi? Aggiungerei “stare”. Bisogna passare del tempo con le persone che vuoi fotografare se vuoi capire di che vita sono fatte.
L’esperienza lavorativa più emozionante? La rotta balcanica con i migranti siriani.
La fotografia è come la scrittura o la musica, un’arte in cui si possono insegnare le tecniche ma non il talento che fa la differenza? Se il talento non è supportato dallo studio, dall’allenamento, dalla cultura, non serve a niente.
Esistono supereroi nella realtà? Sì, le persone che si spendono per gli altri senza un tornaconto economico. Di solito non fanno rumore.
Un dono che vorresti avere? Vorrei essere meno pesante… ma con il mestiere che faccio, la vedo un po’ difficile.
Per cosa vorresti essere stimato? Per la lealtà.
Lascia scritto il tuo motto della vita: “La fotografia mi permette di entrare nelle vite degli altri.
Quando torno nella mia non sono più lo stesso.”