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Coronavirus, tracciare nuovamente il genoma umano per individuare varianti covid 19

Federico Falcone di Federico Falcone
4 Febbraio 2021
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L’Aquila. La comparsa delle varianti del virus SarsCoV2 impone una corsa contro il tempo e ancora un’accelerazione alla ricerca: non c’è tempo per lasciare le sequenze genetiche al chiuso dei laboratori,
magari per analizzarle più in dettaglio prima di renderle pubbliche, ma vanno condivise subito. E’ questo
l’appello lanciato dal sito della rivista Nature dai ricercatori impegnati a rintracciare ogni minima mutazione del virus responsabile della pandemia di Covid-19. “E’ una battaglia mondiale come quella di venti anni fa, quando era vitale condividere i dati che sarebbero andati a comporre la mappa del genoma umano”, ha detto all’ANSA il genetista Massimo Zollo, dell’Università Federico II di Napoli e coordinatore della Task force Covid-19 del Ceinge-Biotecnologie avanzate, che è stato fra i 500 firmatari della mappa, pubblicata online nel 2002 dalla rivista Nature.

Da allora quella mappa ha permesso di fare progressi in tutti i settori della ricerca biomedica e ha aperto la via alla cura di molte malattie, compresa l’infezione da virus SarsCoV2. Come è accaduto in passato per i virus dell’influenza, anche per i coronavirus le mappe genetiche vengono condivise sulle grandi banche dati internazionali, come GenBank e Gisaid. Dal gennaio 2020 sono state messe online più di 450.000 sequenze genetiche.

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“Si tratta di iniziative bene organizzate, ma – ha osservato Zollo riferendosi alle banche dati – se alcuni gruppi di ricerca sono in grado di generare subito la struttura del virus e di identificarne le mutazioni, altri gruppi non sono altrettanto efficienti”. A queste disparità si aggiunge un accesso non immediato alle banche dati. Il senso dell’appello pubblicato su Nature, ha osservato Zollo, è che “le sequenze genetiche del virus SasrCoV2 non possono essere depositate in ritardo” e va letto, secondo l’esperto, come “un’esortazione a non tenere i dati all’interno delle istituzioni per analizzarli: è una battaglia mondiale ed è importante che il dato sia messo a disposizione subito”.

Una battaglia che a Zollo ricorda il periodo che ha preceduto la pubblicazione della mappa del genoma umano, che ha vissuto lavorando presso la Washington University Medical School St. Louis e poi presso l’ Applied Biosystems nel centro Advanced Center for Genomics and Technology (ACGT) di San Francisco, uno dei 18 laboratori del mondo protagonisti di quell’iniziativa internazionale, dove Zollo era stato indirizzato dai genetisti Michele D’urso e Paolo Vezzoni, guidati entrambi dal Nobel Renato Dulbecco.

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