L’Aquila. Rete e integrazione, unite a sostenibilità economica, innovazione e valorizzazione del territorio, per ridurre le liste d’attesa e garantire una sanità vicina a tutti i cittadini.
L’assessore alla Salute della Regione Abruzzo, Nicoletta Verì, immagina così la sanità abruzzese. Il progetto dell’Esecutivo di centrodestra è contenuto nel “Programma operativo 2019-2021” che indica in sei mosse il piano della Regione. Il documento è uno di quelli inviati a Roma dall’assessore, in vista del tavolo di monitoraggio del 27 novembre.
“L’idea” spiega Verì “è quella di creare un’integrazione funzionale tra ospedale e territorio, grazie a reti efficienti, ottimizzazione delle risorse, del personale e delle strutture. Il tutto, cosa fondamentale, eliminando i doppioni, pur rispettando gli standard di sicurezza. Un’impostazione di questo tipo non può che portare vantaggi ai cittadini”. “Puntiamo molto sul territorio” aggiunge “vogliamo ridurre le liste d’attesa, vogliamo ridurre gli ingressi inappropriati in pronto soccorso. Lo faremo portando la sanità dal cittadino, ma la sanità, non l’ospedale. Vogliamo che sia chiaro questo concetto: il cittadino ha bisogno di sanità, non necessariamente di ospedale. Si deve capire che non per ogni cosa è necessario andare in ospedale”.
La Regione vuole quindi “salvare e preservare i piccoli ospedali, che avranno una vocazione ben precisa e diventeranno punti di riferimento per un determinato settore o una determinata patologia, grazie all’arrivo di specialisti. Può sembrare che questo porti ad un aumento dell’impegno economico” dice Verì “ma se tutto è ben organizzato non è così”. Secondo l’assessore “non è un libro dei sogni, al contrario di quanto dice qualcuno: bisogna evitare i doppioni, facendo questo il sistema è sostenibile. Il concetto di rete e integrazione” aggiunge “al ministero piace e in alcune regioni lo stanno attuando”.
Per quanto riguarda i Dea di secondo livello Verì sottolinea che “al momento nessuno dei quattro ospedali ha i requisiti previsti dal Dm 70” e che “nelle more della riorganizzazione per arrivare ai Dea di secondo livello definiamo i quattro grandi ospedali come ‘di alta complessità assistenziale'”.