L’Aquila. Non c’è pace per gli aquilani. Prima era il terremoto a cacciarli dalle proprie abitazioni ora sono le stesse C.a.s.e. , senza scosse, a lasciarli nuovamente senza un tetto. I cittadini possono considerarsi in sicurezza? L’ultimo caso in ordine di tempo è quello dei balconi del Progetto C.a.s.e. sottoposti a sequestro perché realizzati con legno scadente. Il primo cittadino del capoluogo abruzzese Massimo Cialente nella recente lettera inviata al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e al premier Matteo Renzi, ha denunciato l’ennesimo scandalo tornando a chiedere risorse e personale per poter fronteggiare questa nuova emergenza. Tra i passaggi più significativi il sindaco Cialente ha parlato di uno «scandalo internazionale» per gli «edifici di cartapesta» costruiti all’indomani del 6 aprile 2009 per ospitare gli sfollati. Nonostante si tratti di appalti pubblici le ombre di privati poco raccomandabili non mancano. C’è la sensazione che poco sia cambiato in termini di buona costruzione, che si tratti di pre o post terremoto. Dalle case-killer pre sisma con dettagli agghiaccianti emersi nelle perizie che parlano di «crolli per errori di progetto e di calcolo» e per «violazione delle norme antisimiche», ma anche di «crolli per errati interventi nella realizzazione del tetto in cemento armato», fino agli attuali sgomberi per i balconi cadenti.Sgomberata l’ormai piastra 19 del Progetto C.a.s.e. di Cese di Preturo dove oltre al crollo di un balcone sono emersi gravi danni strutturali, Cialente ha palato di «Uno sgombero accelerato dalla relazione che la Procura – sulla scorta di un primo rapporto del nucleo di polizia giudiziaria della Forestale che sta eseguendo il sequestro degli 800 balconi realizzati con legno marcio – ha inviato al Comune». È «incollato e non bullonato» il legno che tiene in piedi 23 palazzine realizzate e la ditta che ha gestito l’appalto ha avuto guai seri con la certificazione antimafia», è stato scritto dai quotidiani nazionali. Crolli e criticità strutturali non sono certo imputabili a una assenza di manutenzione, ma spesso alla carenza di verifiche e certificazioni. È il caso della truffa delle «case a molla», a rischio crollo in caso di terremoto, questione divenuta nazionale. Almeno duecento degli isolatori sismici a pendolo montati sui pilastri che sostengono i 185 edifici del progetto C. a. s. e. (Complessi antisismici eco-compatibili) sono destinati a sbriciolarsi se mai la terra dovesse tornare a tremare come quel 6 aprile di sei anni fa – scriveva nel 2012 Caporale su Repubblica e in un altro tratto aggiungeva – pezzi fallati. Meglio, costruiti “in frode” alle specifiche che erano state indicate dal bando di gara per l’assegnazione dell’appalto». Nonostante si tratti di appalti pubblici le ombre di privati poco raccomandabili non mancano. C’è la sensazione che poco sia cambiato in termini di buona costruzione, che si tratti di pre o post terremoto. Dalle case-killer pre sisma con dettagli agghiaccianti emersi nelle perizie che parlano di «crolli per errori di progetto e di calcolo» e per «violazione delle norme antisimiche», ma anche di «crolli per errati interventi nella realizzazione del tetto in cemento armato», fino agli attuali sgomberi per i balconi cadenti.