L’Aquila. Il Consiglio di Stato ha dato ragione alle associazioni di protezione ambientale (Club Alpino Italiano Regione Lombardia, FAI, Federazione Nazionale Pro Natura, Italia Nostra, Legambiente, LIPU, Mountain Wilderness, Touring Club Italiano, WWF): la realizzazione del nuovo impianto sciistico di Solda è incompatibile con i valori naturalistici e paesaggistici tutelati dal Parco Nazionale dello Stelvio. Il nuovo impianto di risalita doveva essere di 1310 metri di lunghezza ed era prevista una nuova pista a Solda, in un’area di 4,47 ettari nel Comune di Stelvio, in pieno Parco Nazionale dello Stelvio.
La Delibera della Giunta provinciale di Bolzano, osservavano gli ambientalisti, non teneva in alcun conto il dovere di tutela degli alti valori naturalistici dei siti Natura 2000 “Ortler Madatschspitze” e “Ulten Sulden”, tutelati dall’Unione Europea e caratterizzati dalla presenza di 6 differenti habitat, di 8 specie faunistiche, elencate nella Lista Rossa dell’Alto Adige delle specie minacciate, e infine di aree di importanza paesaggistica e naturalistica, dove si riproduce la pernice bianca e si registra la presenza dell’aquila reale e del gipeto. L’intervento previsto, incidente in una zona di protezione speciale (tutelata dalla UE), avrebbe dovuto essere sottoposto, al contrario di quanto avvenuto, in assenza di un piano e di un regolamento del Parco Nazionale dello Stelvio, a Valutazione Ambientale Strategica per accertare il rispetto dei valori paesaggistici e ambientali del territorio.
La notizia, estremamente positiva per l’ambiente, fa riflettere. Anche in Abruzzo si continuano a progettare impianti di risalita, da Ovindoli alla Maielletta, in aree tutelate e dall’altro pregio naturalistico che hanno l’obiettivo di conservare specie e habitat e non certo quello di trasformarsi in una sorta di luna-park costoso e dannoso, ancor più in epoca di cambiamenti climatici accelerati. Sono necessari altri modelli di sviluppo del territorio, che puntino a una fruizione attenta delle risorse naturalistiche e che garantiscano la presenza turistica in tutte le stagioni dell’anno.
La costruzione di impianti da sci è un’attività impattante che comporta sbancamenti, modifiche al territorio e al paesaggio, senza parlare dell’impatto che possono comportare i bacini di accumulo per l’eventuale innevamento artificiale che sottraggono acqua ad altri ben più importanti usi, a cominciare da quelli potabili. La distribuzione dell’acqua in alcuni momenti dell’anno arriva a essere razionata in molti paesi della nostra Regione, ha senso sprecarne grandi quantità per cercare di garantire neve anche quando ormai l’innevamento naturale è sempre meno presente? Tra l’altro impianti di questo tipo da anni sono economicamente poco sostenibili, tanto che le montagne in Appennino sono piene di “carcasse” di ferro abbandonate. Ha davvero senso costruirne ancora?