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“W la fuga”, lo spettacolo ad Atri in omaggio al Giro d’Italia

Giada Salvati di Giada Salvati
13 Maggio 2023
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Atri. Il Giro d’Italia, lo scriveva Indro Montanelli, “ha la straordinaria capacità di far sembrare ogni giorno come fosse domenica”. Il Giro d’Italia, lo declamava Alfonso Gatto, “è una meravigliosa corsa umana, il suo traguardo è la felicità”. Il Giro d’Italia, lo disegnerebbe Altan, è l’eterno ritorno al “bambino che è dentro di noi”.

In occasione della grande partenza del Giro dal nostro Abruzzo, nei giorni scorsi, ad Atri, presso il Teatro Comunale è andato in scena “W la fuga”, uno spettacolo proposto da Marco Pastonesi e Alessandro D’Alessandro in collaborazione con l’Amministrazione Comunale e i docenti dell’Istituto d’Istruzione Superiore “Adone Zoli”. L’opera, scritta e rappresenta da Marco Pastonesi, è l’atto conclusivo di un progetto formativo, “Segnalibro. Letteratura sportiva e social Reading”, che ha coinvolto alcuni docenti dell’Istituto Zoli. La platea, incantata dalle note dell’organettista Alessandro D’Alessandro, ha viaggiato attraverso i racconti di Pastonesi, che come un cantore epico ha condotto il pubblico in volata nei giri d’Italia storici e non solo, nelle lunghe e brevi tratte, fino a sfiorare il Burkina Faso.

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Ha cantato di Fausto Coppi, che andava in fuga perché il suo destino era la solitudine; di Meo Venturelli, che andava in fuga, ma con le miss; di Luigi Malabrocca, che andava in fuga, non avanti, ma dietro, non per arrivare primo, ma ultimo; di Renzo Zanazzi, che da gregario prima di Bartali, poi di Coppi e infine di Magni, che andava in fuga per diventare capitano almeno di sé stesso. Un’epopea di fughe in uno sport dove – ed è l’unico esempio nel mondo dello sport – la fuga è un atto di coraggio e non di viltà. Storie di fughe per la vittoria e fughe per la sopravvivenza, di fughe pubblicitarie e fughe africane, di belle fughe e di mezze fughe. Perché, come spesso capita nell’amore, chi fugge, comunque vince e ciascuno, a modo suo, va in fuga e c’è un mondo nascosto e nemmeno ricercato, sia nel ciclismo che in ognuno di noi, che va raccontato perché la fatica è bellezza, quella autentica, la sola vera in questa vita fatta di pedalate.

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