Una nuova proposta si fa strada nel panorama enologico abruzzese, portando con sé un messaggio di unità, resistenza e cultura. Il “Vino Partigiano”, ideato da Anna Ricciutelli e Donato Di Tommaso, è molto più di una semplice bevanda: è un progetto che intreccia storia, territorio e impegno civile.
Tu, da che parte stai?
Anna Ricciutelli è, tra le altre cose, un’attivista dell’A.N.P.I. Ettore Troilo di Pescara, che dal 2010 propone attività sociali e culturali legate alla promozione della memoria democratica ed antifascista su cui si basa la nostra carta costituzionale.
L’ispirazione per il Vino Partigiano nasce in un contesto inaspettato: nelle sale di Radio Città Pescara, dove Anna è stata ospite degli entusiasti conduttori che sono soliti offrire agli ospiti qualcosa da bere, gesto simpatico ma non sempre il gusto del vino è stato altrettanto. L’idea di creare un vino che incarnasse i valori della resistenza è emersa durante un’attesa, nell’aria carica di aspettativa di quella trasmissione radiofonica.
Donato Di Tommaso, enologo e produttore di vino, ha accolto la sfida di Anna con entusiasmo.
Il progetto Vino Partigiano nasce così nel 2022 tra le morbide colline di Rosciano, in provincia di Pescara. Non si tratta solamente del progetto di un vino ben fatto e artigianale, ma di un’autentica dichiarazione di intenti antifascisti, intrecciata nella stessa trama delle viti che crescono rigogliose sui pendii locali.
Questa forte connessione tra antifascismo, vino e territorio si ritrova anche in altre regioni come le Langhe, dove la produzione vinicola è stata influenzata dall’impegno civile dei partigiani sul finire e appena dopo la Seconda Guerra Mondiale. Qui, molti produttori di vino presero parte alla resistenza; emergono dalle pagine dense di Beppe Fenoglio scene e personaggi che continuano a riecheggiare tra i filari ancora oggi. Alcuni divennero simbolo del riscatto post guerra e le loro aziende rappresentano tutt’oggi la qualità, conosciuta in tutto il mondo, sancita dalla tutela a Patrimonio dell’Unesco del paesaggio delle Langhe, Roero e Monferrato.
Anche le radici del Vino Partigiano affondano nelle vigne delle terre pescaresi, che hanno assistito alla lotta della resistenza.
Il Vino Partigiano
L’idea ha rapidamente guadagnato terreno, passando dai primi 1000 esemplari annui al suo debutto per raggiungere le 4000 bottiglie dell’annata 2023, imbottigliate proprio qualche giorno fa.
Ho assaggiato sia la prima annata prodotta, che il Vino Partigiano bianco 2023 e il Vino Partigiano rosso 2023 accompagnati da un ottimo pane di grano carosella con lievito madre ed olio extra vergine di oliva. Una semplicità che ha esaltato la bevuta tranquilla, dal gusto popolare ma mai banale. Il Partigiano Bianco e Rosso provengono da uve Trebbiano e Montepulciano, raccolte e pigiate nella cantina di Donato, sottoposte a fermentazione con i lieviti propri per poi affinare in acciaio.
Il Bianco 2023 è limpido, colore giallo paglierino con riflessi verdognoli, moderatamente complesso e intenso, fresco e sicuramente in attesa di un benefico viaggio da completare in bottiglia.
Il Partigiano Rosso 2023 è più scalpitante, di un bel rosso rubino e dalla giusta consistenza, fresco con una presenza di alcol che non infastidisce pur registrando un volume del 14%. Anche per lui, l’affinamento in bottiglia segnerà un ulteriore progresso.
Il costo accessibile del Vino Partigiano riflette la sua volontà di essere un prodotto per tutti. Con un prezzo unico di circa 10 euro, il vino è disponibile per privati, enoteche e ristoranti che condividono i suoi valori di impegno civico e culturale.
Il Packaging di Vino Partigiano
L’etichetta è stata pensata come etichetta-manifesto, dichiarando apertamente l’identità e gli ideali di chi l’ha pensata. La stella aperta è il simbolo di valori in movimento, che si mescolano a nuove evoluzioni, pur restando fedeli alla propria identità antifascista.
La trasparenza è di fondamentale importanza: sul retro dell’etichetta, un QR code consente di accedere a informazioni dettagliate sul vino, mentre una tabella nutrizionale fornisce chiarezza riguardo ai suoi contenuti. La capsula marchiata F.i.v.i. garantisce l’autenticità e l’impegno verso pratiche enologiche responsabili. Il tappo a vite ribadisce la semplicità e l’immediatezza del messaggio di cui il vino si fa portatore.
Ma il vero fulcro del progetto risiede nell’uso degli utili generati dalle vendite del vino. Una parte significativa di tali profitti viene reinvestita sul territorio, finanziando attività culturali e collettive che promuovono la tutela del paesaggio e della terra, nonché la diffusione di valori antifascisti. Progetti come i “Teatri R-esistenti”, che nel mese di maggio proporranno a Pescara otto spettacoli gratuiti per ascoltare figure di grande rilievo culturale, sono finanziati in parte dalle vendite del vino.
Suggerisco l’accompagnamento musicale di una ballata rock di Ligabue, I campi in Aprile, per una bevuta franca e solidale del Vino Partigiano. “Se fossi lì in mezzo avrei 90 anni, avrei dei nipoti con cui litigare, a cui raccontare”.
L’atomizzazione dei valori, dei sentimenti e dei fatti scardina la buona volontà di chiunque si approcci ad una lettura equilibrata della modernità. Da poco più di una decina di anni, il 25 Aprile è diventato talmente divisivo che in molti sentono la necessità di ribadire la necessità di dichiararsi antifascista e partigiano.
In un mondo in cui il consumismo spesso prevale sulla coscienza civica, il Vino Partigiano rappresenta un’alternativa, un invito a sollevare il calice non solo in celebrazione del buon vino, ma anche in difesa dei valori di libertà, resistenza e cultura.
Così, ogni sorso di Vino Partigiano diventa un atto di resistenza, un gesto di solidarietà e un inno alla libertà.
Perché è necessario ribadirlo e non smettere di ricordarlo.