Teramo. Un convegno, che si terrà sabato 24 novembre al Blue Palace di Mosciano Sant’Angelo, organizzato per condividere i risultati ottenuti, a un anno di “apertura” della Terapia Intensiva a Teramo. Per Terapia Intensiva “aperta” si intende una struttura di cure intensive dove sono stati aboliti i limiti all’accesso per i familiari e i visitatori. Limiti di natura temporale (in una TI “chiusa” di solito i parenti entrano solo per massimo due ore al giorno), relativi alla vestizione (quando si entra bisogna indossare camici, guanti, mascherine ecc.), relativi alla relazione tra medici e familiari (di solito le informazioni ai parenti si danno solo una volta al giorno e in orari ben definiti), e svariati altri.
Le Terapie Intensive “chiuse”, sono di fatto reparti blindati e, per i familiari, comprendere la condizione di gravità del proprio congiunto è ancora più difficile se, dietro quella porta, non si può vedere e non si può toccare il proprio caro.
E’ invece scientificamente provato che la liberalizzazione dell’accesso alla TI per familiari e visitatori, non solo non è in alcun modo pericolosa per i pazienti, ma è anzi benefica sia per loro sia per le famiglie. In particolare l’“apertura” della TI non causa un aumento delle infezioni nei pazienti, mentre si riducono in modo significativo le complicanze cardio-vascolari e gli indici ormonali di stress.
Un ulteriore effetto positivo è rappresentato dalla netta riduzione dell’ansia nei familiari. Secondo consolidate esperienze in ospedali esteri, il libero accesso ai reparti di Terapia Intensiva migliora la qualità del ricovero dei pazienti e facilita l’instaurarsi di un rapporto di fiducia tra la famiglia e i curanti.
Da oltre un decennio le terapie intensive italiane si stanno aprendo, ma sono solo il 10% rispetto alle terapie intensive europee. All’Ospedale di Teramo, con un progetto regionale pilota, da un anno la Terapia Intensiva (Rianimazione n.d.r.) si è trasformata in Rianimazione aperta.
Il progetto di umanizzazione del reparto ha intrecciato nuove procedure e regole che garantiscono la sicurezza di cure estreme. Inoltre, la presenza di uno psicologo, un fisioterapista e un biologo ha permesso al personale medico e infermieristico di integrare un servizio che vede più di 300 ricoveri annui
Il convegno di sabato prossimo è dunque una buona pratica di diffusione dei risultati che si sono ottenuti con l’apertura. La fiducia e la collaborazione, nei momenti estremi, richiedono l’utilizzo di tecniche mediche d’avanguardia e di procedure scientifiche in cui anche la comunicazione va calibrata con umanità.
Il convegno “Uomo dove sei?” è una giornata di confronto scientifico che vede in città leaders nazionali sul tema e ha richiamato un numero di iscritti superiore alle aspettative.
Apertura è mostrare il volto, guardare negli occhi e far capire che miriamo tutti verso lo stesso traguardo. Quando tra curanti e familiari c’è comunione d’ intenti, aprire le porte e spiegare il quotidiano è possibile, anzi fa bene anche ai curanti stessi. “Uomo dove sei” è infatti un convegno dove, in forma integrata, l’équipe della terapia intensiva si racconta e, con onestà intellettuale e senza nascondere gli errori commessi durante il percorso, presenta alla comunità scientifica regionale un nuovo passo in avanti della sanità abruzzese.