Strutture disponibili, servizi erogati, livello di internazionalizzazione e occupabilità: questi i parametri con i quali il Censis ha elaborato la consueta classifica delle Università italiane per l’anno accademico 2022-2023.
Oltre a stabilire l’ateneo migliore del Paese, lo studio sulle università serve per capire l’andamento di immatricolazioni, abbandoni e laureati. Dalla ricerca è infatti emerso che il numero delle immatricolazioni è sceso del 2,8%, con un calo significativo soprattutto nelle università non statali.
Calo che ha riguardato anche i tre atenei abruzzesi, che non solo hanno perso studenti, ma anche posizioni in classifica. Se l’Università dell’Aquila è alla tredicesima posizione su sedici nella classifica dei medi atenei, l’Università di Teramo è addirittura settima su nove in quella dei piccoli. Situazione leggermente migliore per l’Università di Chieti e Pescara, quindicesima su diciannove tra le grandi università, ma con un piccolo incremento di punteggio rispetto all’anno scorso.
Scegliere la facoltà giusta, tra attitudini personali e prospettive future
Oltre al calo delle immatricolazioni, un altro dei problemi delle università italiane è l’alto tasso di abbandono. Se molti decidono di lasciare l’università a causa dei costi troppo alti o per la mole di studio eccessiva, sono tanti quelli che abbandonano perché non più convinti della facoltà scelta.
Per questo motivo è importante riflettere molto prima di iscriversi ad un determinato corso di laurea, valutando sia il percorso formativo e le proprie attitudini che le prospettive future.
Sono in molti, infatti, a scegliere in base ai possibili sbocchi occupazionali, cercando così di assicurarsi un lavoro al termine degli studi. Secondo la ricerca di AlmaLaurea, le lauree del gruppo informatica e tecnologie ICT sono quelle più richieste nel mondo del lavoro, seguite da ingegneria industriale e dell’informazione, dal gruppo medico-sanitario e da quello farmaceutico.
A queste si aggiungono anche le facoltà del settore della nutrizione, che nell’ultimo periodo hanno visto una crescita notevole in termini occupazionali, anche grazie al PNRR e all’implementazione dei servizi territoriali del sistema salute. A questo si aggiunge l’impatto che la pandemia ha avuto sulla nutrizione della popolazione generale: i dati affermano infatti che ha incrementato del 30% i disturbi alimentari come bulimia, anoressia e binge eating.
Proprio per questo, come emerso dalla Conferenza Nazionale sulla Nutrizione dello scorso febbraio, sono in aumento i corsi di laurea in scienze della nutrizione, sia nelle università tradizionali che in quelle online, con l’obiettivo di formare sempre più esperti competenti.
Spesa per l’istruzione: Italia sotto la media europea
Ma quello dell’abbandono dell’università è un problema che non riguarda solamente gli studenti, anzi. Le cause di questa situazione vanno cercate da un’altra parte: secondo il rapporto Uninpresa, infatti, l’Italia spende per l’istruzione il 15% in meno delle grandi economie europee. Se la media dell’Unione europea è del 9,9%, nel nostro Paese è poco più dell’8%, pari a 8.514 euro per studente.
Questa disattenzione dello Stato verso l’istruzione favorisce quindi sia il fenomeno dei cervelli in fuga, sia l’abbandono dell’università, che colpisce più di uno studente su dieci, specialmente al Sud.
Per questo motivo è necessario investire di più nell’istruzione e nell’università, anche sfruttando i fondi assegnati dall’Unione europea con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che destina il 16% proprio all’istruzione e alla ricerca.