Nei primi mesi del 2020 il tasso di occupazione a un anno dal conseguimento della laurea è pari al 65% tra i laureati di primo livello e al 70,1% tra quelli di secondo livello. Rispetto alla rilevazione del 2019,entrambe le quote sono in calo: rispettivamente,-9 e -1,6 punti percentuali. E’ quanto rileva
il rapporto AlmaLaurea presentato oggi. Anche rispetto alla rilevazione delle retribuzioni, queste, rispetto ad un anno fa risultano in tendenziale calo: -2,8% per i laureati di primo livello, -1,9% per quelli di secondo livello.
Per meno della metà (48,5%) dei laureati iscritti a un corso universitario di secondo livello l’esperienza emergenziale vissuta in questi mesi ha consentito di sperimentare o acquisire nuove
competenze, che potranno essere utili nel proprio futuro lavorativo: si tratta soprattutto di donne afferenti all’area sanitaria. L’impatto di questa esperienza è invece stato maggiore tra i laureati di secondo livello, alla luce del fatto che sono già inseriti nel mercato del lavoro: infatti, per oltre il 60%, sia a uno sia a cinque anni dal titolo, questa esperienza ha permesso di sperimentare o acquisire nuove competenze utili nel proprio futuro lavorativo. Cosa lascerà, questa crisi epidemiologica, sui laureati e quali ripercussioni ci saranno nelle proprie opportunità lavorative? Indipendentemente dalla propria situazione occupazionale, il 51,3% dei laureati di secondo livello a un anno dal titolo ritiene molto probabile che questa situazione avrà delle ripercussioni sulle proprie opportunità lavorative, quanto meno nell’arco dei prossimi sei mesi; il 34,5% lo ritiene poco probabile mentre il 13,9% lo valuta molto improbabile.
Oltre la metà degli studenti universitari (50,9%) ritiene che l’emergenza vissuta in questo periodo non avrà alcun effetto negativo sul proprio percorso universitario (tra questi, un 3,1% ritiene
potrà avere addirittura un effetto positivo). La restante quota ritiene, invece, che vi sarà inevitabilmente un effetto negativo, in termini di preparazione o di ritardo nel conseguimento del titolo. In particolare, il 22,1% ritiene che la situazione emergenziale di questi mesi provocherà un ritardo nel conseguimento del titolo, senza però intaccare la preparazione, mentre per il 9,5% intaccherà la preparazione, pur non provocando un ritardo nel conseguimento del titolo. A questi si aggiunge un ulteriore 17,4% che ritiene che la situazione emergenziale influirà su entrambi gli aspetti. In generale si osserva maggiore ottimismo tra gli uomini piuttosto che tra le donne.
Lo smart working è stato vissuto con sensazioni negative dai giovani neolaureati: tra gli occupati che, a un anno dal titolo, hanno lavorato in smart working, solo una minoranza (39,3%) descrive questa esperienza utilizzando aggettivi positivi: le emozioni più frequentemente espresse sono
‘fortunato e motivato’. La maggioranza (59%) ha invece percepito lo smart working in modo negativo, utilizzando aggettivi quali ‘stressato, alienato, frustrato’. Le motivazioni alla base delle sensazioni negative risiedono soprattutto nel protrarsi della condizione dovuta al lockdown (dichiarata dal 55,7%) o traggono origine dalla propria situazione familiare personale (17,1%), dalla gestione della modalità di lavoro da parte del proprio datore (13,9%), da motivazioni legate agli strumenti tecnologici a disposizione (10,3%). La principale motivazione alla base delle sensazioni negative si conferma il protrarsi del lockdown (nel 61,1% dei casi), seguita dagli strumenti tecnologici a disposizione (18,3%), dalla propria situazione familiare (13,9%) o dalla gestione della modalità di lavoro da parte del datore di lavoro (6,8%). In termini di produttività lavorativa percepita dagli occupati, per il 38,4% lo smart working non ha avuto alcun effetto, mentre per il 36,0% la propria produttività è addirittura migliorata (per il 21,9% lievemente, per il 14,1% decisamente). All’opposto, il 25,6% rileva invece un peggioramento della propria produttività (per il 21% in misura lieve, per il 4,6% invece in modo deciso). Il quadro si rafforza ulteriormente a cinque anni dal titolo. Concentrando infine l’attenzione sugli effetti dello smart working sui rapporti umani (in particolare con i colleghi), il 37,1% degli occupati a un anno dal titolo ritiene che si siano intensificati, mentre il 36,6% li considera diminuiti; per il 26,3%, infine, non si riscontra una modifica sostanziale dei rapporti umani.
Nel mese di gennaio 2020 sono stati acquisiti, dalle imprese che si sono rivolte alla rete AlmaLaurea, oltre 100mila curriculum: si tratta di un valore superiore a quello registrato nello stesso mese
dell’anno precedente del 15,1%. L’anno 2020 si è dunque avviato sotto i migliori presupposti. I primi segnali di contrazione delle dinamiche di richiesta di laureati da parte delle imprese si notano nel mese di febbraio (-17,3% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente), per poi acuirsi a marzo (-45,1%) e, soprattutto, ad aprile (-56,1%) e maggio 2020 (-55,8%). Anche se la contrazione, nel mese di maggio 2020, è elevata, se confrontata con il corrispondente mese del 2019, si rileva comunque una ripresa delle acquisizioni dei cv in seguito alla fine del lockdown e al corrispondente avvio della Fase 2.