L’Aquila. “Da un punto di vista legale in Italia gay e lesbiche non esistono”, scrisse il Los Angeles Times tempo fa. Domani a L’Aquila, insieme ad altre ottantacinque piazze italiane, diverse associazioni e semplici cittadini manifesteranno allo slogan di “SVEGLIATITALIA: è ora di essere civili”. Alle quindici e trenta partirà dalla Fontana Luminosa il corteo promosso da “ArciGay-L’Aquila”, che una volta attraversate le vie del centro storico si chiuderà con un sit-in presso la Villa Comunale, nel frastuono simbolico di sveglie ed orologi. Numerose associazioni aquilane, studentesche e non, hanno assicurato il loro sostegno. Perché manifestare? “Chiediamo al Governo e al Parlamento di guardare in faccia la realtà, di legiferare al più presto per fare in modo che non ci siano più discriminazioni e di approvare leggi che riconoscano la piena dignità e i pieni diritti alle persone gay, lesbiche, bisessuali e transessuali, cittadini e cittadine di questo Paese. La reciproca assistenza in caso di malattia, la possibilità di decidere per il partner in caso di ricovero o di intervento sanitario urgente, il diritto di ereditare i beni del partner, la possibilità di subentrare nei contratti, la reversibilità della pensione, la condivisione degli obblighi e dei diritti del nucleo familiare, il pieno riconoscimento dei diritti per i bambini figli di due mamme o di due papà, sono solo alcuni dei diritti attualmente negati”, scrivono gli organizzatori in un comunicato. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità in Italia sono centomila i bambini cresciuti da genitori omosessuali, che tuttavia non godono di alcun riconoscimento giuridico, né dei vantaggi che ciò assicurerebbe. Il nostro Paese è l’unico tra gli Stati fondatori dell’Unione Europea a non riconoscere né i cosiddetti “matrimoni gay” né le unioni civili; è per tale vuoto normativo che una sentenza della Corte di Strasburgo nel luglio scorso condannò l’Italia, accogliendo il ricorso di tre coppie di italiani. Oggi il tanto discusso disegno di legge garantirebbe, oltre al riconoscimento legale dell’unione civile tra coppie dello stesso sesso, innanzitutto la possibilità che il genitore non biologico adotti il figlio naturale del partner, così come avviene per le coppie eterosessuali. La cosiddetta stepchild adoption, spiegano gli organizzatori, significherebbe per i bambini coinvolti “tutela della loro stabilità materiale (possibilità di ereditare da entrambi i genitori e di essere mantenuti da entrambi, anche in caso di separazione), tutela della loro stabilità affettiva (in caso di separazione garanzia di poter mantenere il rapporto, in caso di morte del genitore biologico evitare il rischio di essere dati in adozioni a terzi), benessere emotivo e complessivo nel veder riconosciuta la propria famiglia”. Da trent’anni si discute in Italia di diritti omosessuali, fino ad ora senza risultati, a causa della reticenza di molti settori dell’opinione pubblica. “Sarà cambiato qualcosa?” viene da chiedersi. Risponde chi scenderà in piazza: “Noi siamo sicuri di una cosa: gli italiani e le italiane vogliono l’uguaglianza di tutte e di tutti”. @DiegoRenzi