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Un Casinò sul Gran Sasso: il sogno di sempre del sindaco Cialente potrebbe diventare realtà

Redazione Centrale di Redazione Centrale
25 Marzo 2017
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L’Aquila. Un casinò a Campo Imperatore! E’ il sogno che molti, fin dall’attivazione nel 1934 del Centro Turistico del Gran Sasso, coltivarono e coltivano ancora, anche se non confessandolo apertamente, come fa il sindaco dell’Aquila Massimo Cialente. Il quale, di recente, nel proporre il rilancio del turismo sul Gran Sasso, fra l’altro, ha affermato: “…inoltre attraverso il Provveditorato alle Opere pubbliche, partirà anche la riqualificazione dell’albergo di Campo Imperatore che subirà un restauro filologico affinché gli ospiti possano tornare a respirare l’atmosfera del 1936”. Cioè a dire quella emanata da una casa da gioco, ben struttura, con annesso ufficio postale, chiusa in sordina come era stata aperta, alla fine del 1936-37.

In quegli anni – quando il Sindaco non si immaginava neanche in fasce – il Centro Turistico del Gran Sasso era visto, non già da chi lo ideò e realizzò nell’ambito del progetto delle “grandi opere del regime fascista”, ma da chi lo gestì anche oltre il 1936, come validissima struttura per soddisfare al meglio le esigenze di molta parte del nobilato e dei gerarchi romani, ai quali non era agevole raggiungere i centri del gioco d’azzardo del Nord. Lo dicevano la cura delle sale che ospitarono, per alcuni anni, scintillanti signore, deliziate la sera dal suono di un’orchestra, e grandi giocatori che, pur nella riservatezza, si divertivano con il baccarat o allo chemin de fer. Comparve anche una roulette, ma solo per qualche tempo. Allora, come anche nei nostri giorni, le motivazioni per l’apertura di un Casinò fondano sulla possibilità (vedi San Remo, Campione e Venezia) di un’amministrazione comunale di tenere in ordine il proprio bilancio senza gravare su quello dello Stato. Motivazioni che non mancarono nei programmi del comune dell’Aquila, come in quelli di tutte le amministrazioni civiche italiane, quando negli anni Ottanta sembrò che si volesse modificare la legge vigente sul gioco d’azzardo. Allora, per l’Abruzzo, si fecero avanti Campo Imperatore appunto, Pescara con il palazzo dell’Aurum e Francavilla con il complesso “La Sirena”. Non se ne fece nulla, perché il divieto rimase intatto.

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Oggi però sappiamo che il gioco è largamente diffuso nelle sale delle slot machines di tutto il Paese. Sono un modo per aggirare le norme e immettere, con la larghissima partecipazione delle mafie, miliardi e miliardi nelle casse dello Stato. La domanda è: Massimo Cialente vuole una nuova stagione per Campo Imperatore fatta di slot machines? Riteniamo di no! Il Centro turistico del Gran Sasso nonostante le crisi ricorrenti, deve servire gli amanti della montagna in tutte le sue potenzialità, compreso l’Albergo “Amedeo di Savoia”. Questi i motivi che indussero a dire un no secco al re Faruk d’Egitto, che nel 1952 (anno di nascita del sindaco Cialente) chiese allo Stato italiano di poter acquistare il Centro Turistico del Gran Sasso proprio per installarvi un Casinò.

Lo disse apertamente la mattina del 30 maggio di 65 anni, quando l’allora deposto re Faruk, con la sua compagna, la cantante lirica napoletana Irma Capece-Minutolo, visitò la “prigione in cui fu costretto nel 1943 il suo grande amico Benito Mussolini”. Dove, appunto, avrebbe aperto un Casinò personale (Egli era noto nel mondo per la sua passione per il gioco e per le belle donne) e farne una sua residenza estiva. La scorta, formata da due ufficiali della Guardia di Finanza, tutelava la privacy del deposto re in maniera ferrea. Chi scrive ne ebbe prova tangibile quando il fotoreporter che lo accompagnava, nel bel mezzo del piazzale della base dell’antica funivia, fu costretto da uno degli Ufficiali di scorta ad aprire la macchina fotografica ed esporre, come fece, la pellicola alla luce. Fu Faruk ad indicare il fotoreporter mentre scattava (come usava allora) le foto dall’interno dell’automobile al re ed a quanti lo accompagnavano nella visita del Centro Turistico. “Non ho nulla da dire alla stampa!”, fu l’unica laconica dichiarazione fatta dal re in esilio quella mattina, mentre gli stessi ufficiali della Guardia di Finanza ci allontanavano con estrema fermezza dall’area turistica.

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