L’Aquila. Il sisma recente che ha devastato Siria e Turchia ha colpito un’area “da tempo immemore interessata a terremoti”, eppure le comunità locali “non sembrano aver conservato memoria storica di eventi passati”. A parlare è il professore Amedeo Feniello, docente di Storia medievale all’Università dell’Aquila e autore di “Demoni, venti e draghi”, un libro che rende giustizia degli sforzi delle grandi civiltà del XIV secolo per far fronte a una serie di eventi naturali drammatici e devastanti: pestilenze, inondazioni, piccole glaciazioni, carestie. Un libro che conduce alla riscoperta di una grande lezione di cui non si è fatto tesoro, così come di tanti insegnamenti del passato.
“Da Instanbul al territorio di Tessalonica, l’attuale Salonicco”, ricorda Feniello, “per arrivare alle aree occupate dalla popolazione curda, i riferimenti letterari a eventi sismici sono molteplici. Eppure, malgrado in Turchia si registri un tentativo di riformare le leggi in materia di sicurezza sismica, l’ingente distruzione testimonia una deregulation generale che ha visto costruzioni cadere come castelli di carta. Ho vissuto il terremoto all’Aquila, la storia, fra tanti errori, è stata diversa”.
In Siria il sisma si sovrappone anche a una serie di conflitti la cui origine è tutt’altro che recente. “Assistiamo da decenni”, sottolinea il professore dell’UnivAq, “a uno scontro endemico, frutto della definizione mal disegnata dei confini dopo la Prima guerra mondiale, con un territorio ‘parcellizzato’. Si tratta di aree che hanno registrato tragedie come il genocidio degli armeni. Varie faglie che si incontrano vanno poi a colpire territori che hanno visto eventi significativi per la nascita del Cristianesimo, ponti centrali degli imperi romano, bizantino e ottomano”.
“Prioritario ora”, valuta Feniello, “salvare vite umane ma sarà poi importante pensare al recupero di gioielli
Unesco”. Una corsa contro il tempo per gli aiuti. “Valuto questa cosa da uomo ancora prima che da docente”, conclude, “credo che sia prioritario garantire beni e risorse, senza fare resistenze così come ha tentato di fare il
regime di Assad. Aggiungo anche che a distanza di qualche migliaio di chilometri si sta combattendo una
guerra senza senso per difendere confini, con matrice ottocentesca, quando qui centinaia di migliaia di persone
dovranno emigrare. Doveroso difendere l’Ucraina, ma le risorse migliori dovrebbero essere destinate ad aiutare
la gente martoriata dal sisma”.