Chieti. Ne parlammo già in estate, quando un team di ricercatori si era recata sulla Maiella alla ricerca del bombardiere fantasma B-17 (articolo disponibile qui), ma oggi si ha la conferma che i rottami sparsi in alta quota sono di un B-17 Usa precipitato il 2 novembre 1944 con 5 vittime. La scoperta però non è arrivata dai rottami individuati nei sopralluoghi in quota sul luogo dell’impatto, ma dai faldoni conservati negli archivi americani, la soluzione al mistero del bombardiere “fantasma” i cui resti giacciono da oltre 75 anni a 2.400 metri tra le vette più alte della Maiella: i quattro giganteschi motori e i due carrelli adagiati sulle pietraie, tra stelle alpine e camosci, appartenevano al B-17G americano con matricola 44-6399 – privo di soprannome perché in servizio solo da pochi mesi – precipitato il 2 novembre 1944 con cinque uomini a bordo, tutti ventenni e tragicamente deceduti.
Ad individuare l’aereo con certezza – ricevendo i riscontri decisivi dai contatti con la Defense Pow Mia Accounting Agency americana – sono stati i ricercatori del gruppo Archeologi dell’Aria, anche grazie ad un suggerimento giunto dai colleghi francesi dell’associazione Aéro-Relic presieduta dal sub Philippe Castellano, che da anni scova i relitti sommersi di aerei della seconda guerra mondiale. Dunque il risultato è stato reso possibile da una curiosa collaborazione tra appassionati di mare e di montagna. A far scattare la scintilla è stata la scoperta che i cinque uomini dell’equipaggio di quel volo mortale non erano “missing”, ovvero scomparsi nel nulla, ma i loro corpi erano stati recuperati.
La soluzione è arrivata negli stessi giorni in cui un team del Maiella Air Crash Research era impegnato in un’esplorazione sull’impervio sito dello schianto, organizzata in collaborazione con il Parco Nazionale della Maiella e il Reparto Carabinieri Biodiversità di Pescara, per raccogliere sul campo ulteriori elementi utili per approfondire lo studio. Nel corso del sopralluogo è stato effettuato il posizionamento con georeferenziazione Gps dei rottami che sono disseminati sulle pietraie, operazione che ha consentito di individuare il punto esatto di impatto.
Il B-17G con matricola 44-6399 scomparve il 2 novembre del 1944 – a meno di tre mesi dalla sua entrata in servizio e una ventina di giorni dopo aver partecipato al bombardamento Alleato su Bologna – durante una normale missione d’addestramento su territorio “amico”, poiché il fronte di guerra si era spostato più a Nord. La “Fortezza volante” era partita dalla base Usa di Amendola, vicino Foggia, e secondo le istruzioni del piano di volo avrebbe dovuto seguire a 10 mila piedi di altezza – circa 3.000 metri di quota, ovvero ben al di sopra delle vette abruzzesi – la rotta per Roma, Napoli e Taranto, per poi rientrare alla base. L’equipaggio in tale occasione formativa era stato ridotto a soli cinque uomini – mentre normalmente prevedeva dieci militari – ed era composto dal tenente 22enne George Reilly originario del New Jersey (pilota), dal tenente 20enne Arvin C. Hildebrand dell’Ohio (copilota), dal tenente 22enne Richard J. Glattly del New Jersey (navigatore), dal sergente scelto 22enne Benjamin “Ben” F. English del Mississippi (tecnico di volo/mitragliere) e dal sergente scelto 21enne Melvin C. Talley del New Mexico (operatore radio/mitragliere). Dopo i consueti controlli, il bombardiere era decollato alle 9:18 del mattino dall’aeroporto pugliese dove fu visto per l’ultima volta. Sul rapporto redatto dai militari americani dopo la scomparsa del velivolo è registrata la perdita non a causa del nemico o di un guasto tecnico, ma per il maltempo. Quel 2 novembre del 1944, in effetti, le condizioni meteo non erano delle migliori. L’ufficiale addetto all’indagine, il capitano William S. Disbrow, scrisse tre giorni dopo che altri equipaggi avevano incontrato a 10.000 piedi di quota (circa 3.000 metri) venti di 40-50 nodi (ovvero con velocità di oltre 90 km/h) che li avevano mandati completamente fuori rotta. Inoltre erano incappati anche nella formazione di ghiaccio sui velivoli tra i 9.000 e i 12.000 piedi.
“Questi due fattori, insieme ad una visibilità incerta, potrebbero spiegare l’incidente con la perdita di tutto l’equipaggio – afferma Gianluca Mazzanti, che ha curato la ricerca per gli Archeologi dell’Aria – non ci fu infatti alcun tentativo di contatto radio. Evidentemente l’aereo andò a cozzare contro la Maiella in maniera repentina; si spaccò in più parti e prese immediatamente fuoco, senza dare modo a chi era a bordo di potersi lanciare in anticipo con il paracadute”. Di sicuro non si è trattato di uno scontro con forze nemiche, in quanto il B-17G volava su territorio controllato dagli Alleati. Difficile anche che si sia verificato un guasto tecnico, in quanto il bombardiere era praticamente nuovo. Prevalgono dunque le ipotesi del maltempo – con fortissimo vento e scarsa visibilità – e di un conseguente errore umano su rotta e quota con il terribile impatto sulle pietraie.
All’ufficiale investigatore, il capitano Disbrow, all’epoca non restò che annotare nel suo rapporto: “L’aereo non è rientrato alla base all’orario previsto (failed to return). Nessun’altra informazione disponibile, considerato anche che volava da solo: simply disappeared, missing on practice operation”. Nessun esito ebbero anche le ricerche sul territorio avviate nell’imediatezza dal Regional Flying Control. “Diverso tempo dopo però, in data imprecisata e probabilmente su segnalazione degli abitanti dei paesi alle pendici della Maiella, un team militare britannico presente in Abruzzo giunse sul luogo dell’incidente aereo – spiega Mazzanti – e trovò quattro corpi martoriati in mezzo alla neve. I cadaveri recuperati furono consegnati alle autorità statunitensi e tumulati provvisoriamente nel cimitero militare di Bari. In seguito una nuova unità di ricerca, questa volta americana, fu inviata sulla Maiella sotto il comando del capitano Foey M. Shiflet, ufficiale dell’Air Force Casualty Clearance Detachment. Analizzando i numeri di serie delle mitragliatrici Browning del bombardiere recuperate sul posto, si riuscì a risalire all’aereo e quindi all’equipaggio”.
Ma c’è di più, perché tra i rottami del B-17G fu ritrovato anche il corpo del quinto aviatore deceduto, quello del tenente Glattly, che in un primo momento verrà sepolto a Nettuno. Solo nel luglio del 1949 il caso del bombardiere “fantasma” della Maiella verrà definitivamente chiuso dalle autorità americane: i cinque corpi – già sepolti in via provvisoria a Bari e a Nettuno – vennero ufficialmente riconosciuti da una commissione dell’US Army riunita a Roma. Oggi l’equipaggio di quello sfortunato aereo non è più sepolto insieme: le salme di Hildebrand, English e Talley, per volere dei familiari, sono poi rientrate in patria; mentre quelle di Reilly e Glattly sono rimaste in Italia. Il pilota e il navigatore di quel tragico volo riposano per sempre all’American Cemetery and Memorial di Firenze.
La “Fortezza volante”
Il Boeing B-17 “Flying Fortress” (“Fortezza volante”) è stato un bombardiere quadrimotore utilizzato diffusamente dagli americani durante la Seconda guerra mondiale, con grande autonomia di volo, enorme capacità di carico degli ordigni, estremamente resistente e ben armato per difendersi da attacchi aerei. Nel caso della Maiella si trattava di un B-17 versione G, costruito su licenza dalla californiana Douglas. Consegnato a Kearney il 25 luglio 1944, era stato poi trasferito a Grenier l’8 agosto 1944 e infine era partito dagli Usa per l’Italia dove il 16 agosto 1944 era stato assegnato al 20th Bombardment Squadron del 2nd Bombardment Group. Questa unità, nota come “Buccaneers” (“Bucanieri”), era operativa nel grande aeroporto di Amendola (Foggia), riadattato dai genieri statunitensi per poter ospitare i bombardieri pesanti della 15th Air Force USAAF. Tra settembre e ottobre del 1944 il B-17G poi caduto sulla Maiella aveva effettuato delle missioni di bombardamento sull’Europa. Da quel che risulta, invece, le uniche azioni belliche svolte sul nostro Paese erano stati i raid su Treviso del 10 ottobre 1944 e su Bologna del 12 ottobre 1944.
Un museo in memoria degli aerei caduti
Sono ormai una decina i siti di cadute di aerei (di diverse nazionalità) avvenute durante la Seconda guerra mondiale che sono stati individuati e documentati in questi anni dal gruppo Maiella Air Crash Research. E con l’occasione della soluzione del mistero del B-17G i ricercatori hanno rilanciato l’appello a tutti i possibili testimoni diretti di questi tragici episodi o a chi abbia ascoltato e tramandato i loro preziosi racconti. Tutte le segnalazioni di ricordi di aerei caduti o di rottami ritrovati possono essere inviate alla mail: [email protected]. “Ma l’importanza e la consistenza di questa peculiare memoria storica – spiega Lorenzo Grassi, componente del team del Macr – ci hanno convinti a presentare al Parco Nazionale della Maiella e alle istituzioni locali una proposta per la creazione di un museo che possa ospitare e illustrare i reperti raccolti sul terreno (magari con un’operazione di recupero anche di quelli più imponenti ancora sparsi in montagna), riunendoli e ricostruendo le storie di questi velivoli e dei loro equipaggi. Un’operazione di divulgazione scientifica e di valorizzazione territoriale con importanti ricadute turistiche”.
Nelle foto e video seguenti, che AbruzzoLive ha in esclusiva grazie a Lorenzo Grassi, la ricostruzione/simulazione dello scontro del B17 sulla Maiella, le foto dei diversi ritrovamenti e il video completo dei rottami ritrovati in montagna.
E’ possibile trovare ulteriori informazioni sul sito Associazione Archeologi dell’Aria (https://archeologi-dell-aria.webnode.it) Associazione Aéro-Relic – Research, Locate and Identify Crashes (http://www.aero-relic.org) – DPAA – Defense Pow Mia Accounting Agency (Usa) (https://www.dpaa.mil)