Pescasseroli. Successo annunciato quello del binomio composto dal direttore Jacopo Sipari di Pescasseroli, il quale ha iniziato il 2025 alla testa della Kosovo Philharmonic Orchestra, sul podio del Palazzo Atelier della Gioventù a Pristina, e dalla violinista Abigeila Voshtina, special guest della serata inaugurale, su invito del direttore artistico dell’istituzione musicale di Stato, Dardan Noko. La solista ha posto in luce, con la sua scelta ed esecuzione, l’importanza e la bellezza del Concerto n. 1 di Max Bruch in sol minore op. 26, un’opera che, sebbene meno eseguita rispetto ad altre, rappresenta un pilastro del repertorio violinistico romantico.
Il confronto naturale con il Concerto per violino di Mendelssohn sottolinea le sfide tecniche ed espressive che il brano di Bruch pone al solista, richiedendo non solo abilità tecnica ma anche una profonda sensibilità interpretativa. La Voshtina, con il suo suono affascinante e avvolgente, è riuscita a trasmettere il carattere lirico dell’opera con un’interpretazione perfetta, grazie all’uniformità e alla compattezza della cavata, nonché alla sicurezza dell’intonazione. Elementi, questi, che nella percezione complessiva della performance, hanno catturato l’essenza “cantante” del concerto, seguendo una linea di efficienza e, al contempo, di morbidezza e raffinata eleganza. Queste qualità contraddistinguono da sempre la bacchetta di Jacopo Sipari di Pescasseroli, il quale ha esaltato ulteriormente la musica di Bruch, in particolare nell’Adagio, che formalmente è un’aria per violino solista, la cui scrittura si fa sempre più intricata fino a raggiungere una forma meno chiaramente definita, ma più focosa nel secondo tema, che culmina praticamente con tre sospiri: prima per l’orchestra, poi per il solista. Sipari è riuscito a creare un’esperienza musicale apprezzabile, evidenziando la bellezza e la complessità del concerto.
Jacopo Sipari, per la serata con la formazione kosovara, si è riservato due pagine ispirate in parte alla natura, termine declinato in vario modo, dal paesaggio all’interiorità: Finlandia di Jean Sibelius e L’Isola dei Morti di Sergej Rachmaninov. In queste, il direttore ha liberato per intero la sua abilità nel padroneggiare lo strumento orchestrale, senza cedere al semplice effetto coloristico, che certa musica pure concilia, ma ponendosi tra senso e suono, in quell’altrove mistico in cui si ritrovano i segni e le inquiete e nostalgiche coscienze dei due compositori.
Il tour della violinista Abigeila Voshtina continuerà in Bulgaria, presso l’Opera di Stato di Varna, su invito della sovrintendente Daniela Dimova. Un debutto, venerdì 24 gennaio alle ore 19, da solista con l’orchestra dell’Opera diretta da Arto Chifchyan. La Voshtina riprenderà il Concerto n. 1 in sol minore op. 26 di Max Bruch, composto tra il 1865 e il 1868, negli anni in cui si trovava a Coblenza in qualità di direttore musicale di corte. L’opera si distingue per l’ispirata invenzione melodica, la scaltrita scrittura violinistica e la sicura padronanza del mestiere che il compositore dimostra nel trattamento della forma e dell’orchestrazione. A questo concerto, il direttore accosterà una vera e propria pietra angolare del repertorio sinfonico di tutti i tempi: la Sinfonia n. 7 in La maggiore op. 92 di Ludwig van Beethoven, un capolavoro senza tempo, una delle vette inusitate del sinfonismo. Richard Wagner la definì “un’apoteosi della danza nella sua massima essenza, l’azione del corpo tradotta in suoni ideali”, in cui ogni movimento è una gemma preziosa del repertorio.
La sinfonia (si noti, all’avvio del Vivace che finalmente deflagra dopo l’ampia, divagante introduzione, il ruolo propulsivo del ritmo puntato) è fragorosa musica di guerra, corroborata dall’ubiquo protagonismo dei fiati, in grado di trasformare il rumore della Storia in pura euforia dionisiaca. Nel tempo lento emerge un inconsueto, incantatorio Allegretto. Direbbe il Figaro delle Nozze di Figaro mozartiane: “invece del fandango, / una marcia per il fango”. Andranno infatti apprezzati l’andamento da marcia funebre – intesa, come nell’Eroica, quale tributo sommesso alla memoria di un Grande – del severo Allegretto processionale in La minore (capovolgimento del luminoso La maggiore d’impianto, nobilitato dall’inserzione d’una doppia fuga), la violenza espressiva dello Scherzo, completato da un doppio Trio dalla solennità degna del Campo di Marte, e infine il carattere inequivocabilmente marziale del Finale.