Sulmona. Il governo tedesco è stato “assente, non ci hanno mai contattati, ci hanno lasciati soli”. A sfogarsi sono i genitori di Fabrizia Di Lorenzo, la giovane italiana morta nell’attentato ai mercatini di Natale di Berlino. Per loro, ora, c’è la beffa del risarcimento, escluso da una legge del 1985. “Non c’è importo che possa pagare la morte di nostra figlia – dicono – ma significherebbe ammettere le responsabilità per non aver fermato un criminale”.
Nella loro luminosa villetta, mamma Giovanna, papà Gaetano, entrambi 59enni impiegati postali, e il figlio Gerardo, 27 anni, che studia ingegneria al Politecnico di Torino, tentano di fare i conti con un lutto difficile da elaborare, causato da un estremista islamico alla guida di un tir, il tunisino Anis Amri, la cui uccisione quattro giorni dopo li ha lasciati «indifferenti». Cervello in fuga dall’Italia, dove una laurea magistrale in relazioni internazionali e diplomatiche, un master in tedesco, stage ed esperienze di lavoro all’estero non sono sufficienti per trovare un posto dignitoso, Fabrizia Di Lorenzo lavorava per la 4 flow di Berlino, un’impresa di logistica. Quella sera era uscita per comperare i regali da portare a Sulmona.
La famiglia di Fabrizia non riceverà neppure un risarcimento. A stabilirlo è una legge del 1985 che lo esclude per i danni causati nel caso di un assalto “con un veicolo a motore o un rimorchio”. Le vittime dell’attacco ai mercatini, come quelle di un incidente stradale. “Ci sentiamo presi in giro. Come si può equiparare quello che è accaduto a un normale incidente stradale?”, si chiede mamma Giovanna.