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Stipendi arretrati e incertezza sul futuro, tornano a manifestare i lavoratori dell’Atr di Teramo

Giulia Antenucci di Giulia Antenucci
10 Giugno 2020
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Teramo. Tornano a manifestare i lavoratori dell’Atr di Colonnella, che domani mattina saranno presenti con un presidio in largo San Matteo a Teramo in occasione dell’incontro con il nuovo prefetto. Incontro che rappresenterà l’occasione per illustrare la situazione sempre più difficile in cui versano 150 persone tra dipendenti ed ex dipendenti dell’azienda vibratiana. “Cinque stipendi arretrati, impegni non mantenuti dalla proprietà e un’enorme incertezza sul futuro. Queste le ragioni per cui domani, dalle 10 alle 12, lavoratrici e lavoratori dell’Atr di Colonnella torneranno a manifestare in largo San Matteo, a Teramo”, spiegano le segreterie provinciale di Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm Uil, “gli stipendi ancora da prendere, che rendono insostenibile la situazione economica di molte famiglie, continuano ad essere luglio e dicembre 2019, gennaio, febbraio e marzo 2020”. I sindacati evidenziano come la cassa integrazione, a copertura dell’ultima metà di marzo e di aprile e i cui pagamenti stanno arrivando solo da pochi giorni, sia a stento sufficiente per coprire le spese più urgenti.

“Il futuro di una realtà che ha rappresentato l’eccellenza industriale del territorio, appare sempre più compromesso dalla gestione dell’attuale proprietario Antonio Di Murro”, continuano le organizzazione sindacali, “continuare a tenere completamente fermo lo stabilimento, come accade da quattro mesi, significa decretarne la morte certa, e con essa la chiusura e i licenziamenti. Preoccupazioni che si sommano a una situazione complessiva già molto critica, che non offre alternative occupazionali e che rischia di rappresentare solo la prima di una lunga serie di crisi”. Cgil, Cisl e Uil denunciano in particolare come non siano bastati incontri con amministratori e politici del territorio né incontri in azienda e in sedi istituzionali per sbloccare la situazione. “Così come non sono state sufficienti le tante mobilitazioni: tre settimane di sciopero e picchetto davanti la fabbrica, presidi, sit-in, comunicati, esposti e denunce”, concludono, “domani si tornerà in piazza, per il diritto al presente e per il diritto al futuro”.

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