Pescara. La variante omicron “ha ora una prevalenza tra il 30 e il 40% e sta aumentando: il suo livello di infettività è molto più alto anche se la sua virulenza e letalità in questo momento è più bassa, e questo ha implicato che le ospedalizzazioni, sia pure alte nel numero, come tempo di permanenza in ospedale siano diminuite ad una media di 3 giorni rispetto ai 20 giorni che registravamo un anno fa”.
Lo afferma all’ANSA Clelia Di Serio, Ordinario di Statistica Medica all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e direttore del Centro Universitario di Statistica per le Scienze Biomediche (CUSSB). “Quindi questo vuol dire – sottolinea l’esperta – che anche se c’è sicuramente un effetto derivato da questi grandi numeri relativi ai contagi
a livello di carico ospedaliero, tuttavia la gestione dei pazienti è meno pesante per i tempi ridotti di degenza”. Il trend dell’ospedalizzazione, aggiunge, “va guardato con molta attenzione. I dati inglesi indicano che la Omicron riduce di quasi un terzo il passaggio dal Pronto soccorso all’ospedalizzazione e quasi della metà le ospedalizzazioni. Pertanto non bisogna considerare questi alti numeri con lo stesso allarme con cui sarebbero stati interpretati in relazione alla variante Delta del virus SarsCoV2”. La soglia di ospedalizzazione attuale è comunque “certamente di attenzione, ma purtroppo quello che succederà tra 15 giorni non dipenderà da ciò che facciamo o decidiamo oggi ma sarà l’effetto di quello che è successo nelle settimane scorse, con ferie e occasioni maggiori di incontri”. Quanto al picco dei casi, “guardando alla Germania, rispetto alla quale abbiamo un ritardo di circa un mese come aumento di contagi, me lo aspetterei nella seconda metà di gennaio e poi – conclude Di Serio – ci sarebbe una decrescita”.