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Stabilimento Montecatini di Piano d’Orta, Mazzocca: bisogna coltivare e valorizzare la storia del sito

Giorgia D'Ascanio di Giorgia D'Ascanio
2 Febbraio 2018
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Bolognano. Il sottosegretario Mario Mazzocca si esprime in relazione all’importanza dello stabilimento chimico di Piano d’Orta. “La Regione Abruzzo”, ha dichiarato, “ha interesse a coltivare e valorizzare la storia del sito, così come è stato già fatto per la documentazione e la letteratura disponibile, a partire dagli edifici più significativi e anche di pregevole caratura, recuperabili come testimonianza di archeologia industriale, e non solo per ricostruire la storia di questo importantissimo sito e mantenerne la memoria evidenziandone il ruolo primario nella storia produttiva del Paese, ma anche per l’interesse a un riuso finalizzato a costruirvi in prospettiva un polo culturale/documentale”. Lo stabilimento chimico di Piano d’Orta ha uno straordinario valore storico, di archeologia industriale e demo-antropologico di importanza nazionale. E’ stato luogo di produzioni innovative, di applicazioni di ricerca avanzata, di genialità delle maestranze. A cavallo del passaggio tra il XIX e il XX secolo, infatti, l’Italia registrava un fortissimo ritardo nello sviluppo della chimica (allora praticamente inesistente) e la sua economia, basata quasi per intero sull’agricoltura, era arretrata e caratterizzata da bassi rendimenti soprattutto per la carenza di concimi fondamentali: azotati e fosfatici. Mancavano inoltre tutte le materie prime della chimica di base, e questa carenza costituiva un fattore limitante per una vastissima quantità di produzioni e, in definitiva, per l’intero sviluppo economico e sociale. L’importanza storica di questo sito è riportata oramai nei testi di chimica, nella sitografia e nelle enciclopedie (ad esempio Treccani).

Già nel primo decennio di produzione, Piano d’Orta era in stretta relazione e connessione con la nascente grande industria nazionale e l’Italia passava dall’assenza completa nei convegni internazionali di chimica ad essere presente, citata ed apprezzata, anche per i brevetti che esportava. “La prima fabbrica di concimi basata sul metodo Frank-Caro”, continua, “nacque proprio in Italia nel 1905 a Piano d’Orta, in Abruzzo. Finalmente era disponibile il primo concime azotato che permetteva l’utilizzo di azoto atmosferico”. (fonte: www.alzchem.com/it/storia). Parliamo della Calciocianammide, concime ancora oggi largamente usato per le straordinarie rese che consente di raggiungere in agricoltura e per le sua compatibilità ambientale. Fu la ricerca condotta in quello stabilimento a ingegnerizzarne la produzione basata sulle risorse disponibili localmente a partire dall’aria, che di azoto ne contiene i 4/5, e dall’energia elettrica prodotta dai fiumi Tirino e successivamente dal Pescara.

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Piano d’Orta fu anche uno dei primi siti italiani per la produzione di acido solforico concentrato, a partire all’anidride solforosa ottenuta dall’arrostimento delle piriti (la pirite è il un minerale costituito da solfuro di ferro) al posto del dispendioso zolfo puro. Il metodo era quello a “camere di piombo”, metallo in grado di resistere indefinitamente alle fortissime capacità corrosive dell’acido solforico. Produzione gemella, avviata nel 1901, era a Milazzo ed entrambi gli stabilimenti, abruzzese e siciliano, erano alimentati dalla materia prima proveniente dalle miniere del grossetano. Si consideri che la Montecatini di Milazzo ha cessato la produzione nel 1959 e gli edifici, classificati oggi come archeologia industriale, sono sottoposti a vincolo congiunto architettonico-archeologico ed etno-antropologico dalla Regione Sicilia con DARS n. 5114 del 21.01.1998.

L’acido solforico concentrato consentì lo sviluppo dell’industria del perfosfato minerale, altro concime-chiave per l’agricoltura, ottenuto dalle rocce fosforitiche che però non sono, tal quale, in grado di nutrire i vegetali. A Piano d’Orta, pertanto, si produceva a grande beneficio dell’agricoltura italiana, il primo concime azotato (la calciocianammide) e il perfosfato, oltre al solfato di rame, anticrittogamico indispensabile per la coltura della vite e per una vasta gamma di impieghi compatibili per l’ambiente al punto che oggi è consentito nelle produzioni agricole con il marchio biologico. L’importanza di questo stabilimento nella storia nazionale è stata notevole anche in periodo bellico, soprattutto nel primo conflitto mondiale, e non solo per il sostegno all’agricoltura e quindi alla produzione primaria che ha sostenuto la nazione e le truppe in guerra assai più di quanto avvenuto nei paesi avversari, ma anche per l’acido solforico concentrato e i prodotti azotati che costituiscono materia prima per la fabbricazione di esplosivi e polveri da sparo, mentre il sottoprodotto dell’arrostimento delle piriti ferro che veniva conferito alle acciaierie di Bagnoli e in parte a Terni, ove veniva lavorato per produrre acciaio.

Si consideri, infine, che la produzione dello stabilimento abruzzese ha alimentato le industrie dei moderni coloranti e dei detergenti, settori che hanno registrato un’autentica rivoluzione industriale negli anni del boom economico. La storia industriale del sito di Piano d’Orta ne ha determinato interamente anche l’assetto urbanistico attuale: ab origine lo stabilimento era collocato alla confluenza del fiume Orta con il Pescara, in un posto paludoso, piuttosto malsano, privo di insediamenti antropici ad eccezione di qualche casolare distante e isolato dalle colline. Con la crescita della fabbrica si è sviluppato negli anni l’attuale insediamento pianodortese in cui le testimonianze di archeologia industriale dell’insediamento chimico rappresenta, oltre a quanto già detto, un importante fattore identitario, al punto che la piazza attigua nata negli anni ’60 è chiamata “piazza Azoto”.

Si consideri, in aggiunta, che l’archivio della fabbrica, abbandonato in un ambiente tutt’altro che idoneo, è stato recuperato nel 1989 parzialmente degradato , è stato disinfestato e restaurato a cura della Soprintendenza Archivistica per l’Abruzzo. Il fondo è stato dichiarato di notevole interesse storico con provvedimento della stessa Soprintendenza del 15 marzo 1991, n, 48 e restituito al proprietario. (http://siusa/archivi beni culturali.it). Tale interesse storico, già sancito dal provvedimento della Soprintendenza, non può non essere esteso agli edifici principali e più interessanti, dei quali si ritiene che vada assolutamente evitato l’abbattimento, facendo ricorso a tecniche di carotaggio, di messa in sicurezza e di bonifica adeguate”.

“Ritengo pertanto”, conclude Mazzocca, “che l’obiettivo della conservazione degli edifici più significativi ed identitari, a logico completamento dell’iniziativa a suo tempo assunta per l’archivio dalla Soprintendenza, sia da assumere come uno degli elementi direttori da porre alla base delle azioni del processo di bonifica in essere e in quelle future (Caratterizzazione e Piano di Bonifica), nella consapevolezza che la prospettiva di acquisizione al pubblico per il riuso dei manufatti storici sia praticabile, non di ostacolo e che incentivi e valorizzi la bonifica stessa”.

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