Pescara. L’Ufficio Scolastico Regionale dell’Abruzzo ha comunicato ieri alle organizzazioni sindacali gli organici del personale docente per le scuole abruzzesi. Per l’anno scolastico 2023/24 sono previsti 913 alunni in meno (l’anno scorso la perdita era stata di 2723 alunni).
Continua quindi, anche nell’a.s 2023/24 il trend negativo che ha portato, in 10 anni alla perdita di oltre 16.000 studenti nelle scuole pubbliche abruzzesi. Un dato che da solo documenta il grave problema della denatalità, dello spopolamento, particolarmente accentuato soprattutto nelle aree interne. L’unico dato in positivo è quello relativo alla provincia di Teramo, ma qui l’aumento degli alunni è dovuto alla presenza di studenti ucraini (circa 280 secondo i dati dell’USR), accolti nelle scuole e pienamente integrati grazie al grande lavoro di tutta la comunità scolastica. Particolarmente grave la situazione in provincia di Chieti che con una previsione di 690 alunni in meno è quella che paga il tributo più alto in termini di perdita di alunni e, in conseguenza, di organico. Nonostante il calo di studenti, grazie anche alle mobilitazioni sindacali, la dotazione organica di diritto dei docenti a livello regionale resta confermata (14.460 posti in organico di diritto e 1274 posti di potenziamento), mentre l’organico del sostegno risulta incrementato di 182 posti, per effetto della legge di bilancio 2021, determinando così una estensione dell’organico di diritto a 3.249 posti.
Come FLC abbiamo evidenziato che in ogni l’attribuzione degli organici a livello nazionale e regionale penalizza le aree interne e i territori soggetti a spopolamento, perché fatta in base al DPR 81/2009 che attribuisce i posti solo in percentuale al numero degli alunni, non tenendo presento le criticità e le peculiarità dei territori. Occorre inoltre rilevare l’enorme sproporzione tra organico di diritto (3249 posti) e deroghe nel sostegno (oltre 3.000 nel 2022/23): solo il 50% dei posti sono stabili sul sostegno, a fronte di una percentuale che a livello nazionale dovrebbe invece attestarsi intorno all’80%. Occorrerebbe consolidare questi posti nell’organico di diritto, per dare risposte ai docenti precari ma soprattutto agli alunni diversamente abili, che si trovano ogni anno a cambiare docente.
L’Abruzzo, inoltre, nonostante un leggero aumento registrato negli ultimi anni, resta una delle regioni con la percentuale più bassa di classi in cui è attivato il tempo pieno (meno del 25%, a fronte di percentuali al di sopra del 50% in particolare nelle regioni del centro nord ). Tale situazione, dovuta ad organici insufficienti ma anche a poca richiesta da parte delle famiglie in virtù della mancata predisposizione da parte degli Enti locali di servizi opportuni (trasporti, mense scolastiche, locali adeguati etc), penalizza ulteriormente la nostra regione, e manifesta l’assenza di adeguate politiche per l’istruzione, un settore in cui da tempo manca una vera programmazione.
La politica regionale e nazionale non può limitarsi a fotografare l’esistente, ma dovrebbe impegnarsi a rimuovere tali disparità di trattamento, in attuazione dei principi costituzionali. La direzione in cui si sta andando, invece, sembra diametralmente opposta. I progetti di autonomia differenziata, di regionalizzazione dell’istruzione e di dimensionamento scolastico messi in campo rischiano di avvantaggiare le regioni più ricche, minano alla base l’idea di una scuola pubblica nazionale e mettono fortemente in discussione l’unità del sistema dei diritti. I diritti costituzionali non possono essere differenziati in base al luogo in cui si vive: ci mobiliteremo in ogni modo per fermare questo progetto disgregatore.