L’Aquila. Il 14 settembre gli studenti di tutta Italia torneranno a scuola. E, questa volta, non dagli schermi dei loro computer ma in aula, su quei banchi che sono stati costretti a lasciare per mesi a causa del lockdown.
Escluso, per il momento, l’utilizzo di separatori in plexiglas, o altro materiale, ma confermato il distanziamento fisico di un metro “tra gli alunni” (come scrive testualmente il Comitato Tecnico Scientifico). Ingressi ed uscite saranno “differiti e scaglionati”, mentre le lezioni saranno svolte a “turni differenziati”. Possibile anche una “diversa modulazione settimanale del tempo a scuola”, frase che ha sostituito nel testo definitivo della bozza il prolungamento delle lezioni al sabato. Inoltre, un’altra grande novità sarà la precondizione per la presenza a scuola, di alunni e personale, ovvero non si potrà andare a scuola con il raffreddore. Questo, perché si punta a minimizzare il rischio di contagio. I tempi di recupero saranno ampi, niente scuola per i 3 giorni successivi ai sintomi influenzali (difficoltà respiratoria o febbre). Quindi, se ad esempio uno studente dovesse avere un po’ di raffreddore sabato (e solo sabato) anche in caso di guarigione, sulla carta non potrebbe tornare in aula fino a martedì.
“Vogliamo classi meno affollate. Le cosiddette classi pollaio a me non piacciono affatto, non le tolleriamo più”, ha detto il premier Giuseppe Conte presentando il piano dove, per l’appunto, si chiedono spazi maggiori. “Portiamo gli studenti nei cinema, nei teatri, nei musei, facciamo in modo che respirino la cultura di cui hanno bisogno”, la proposta della ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina che si trova già a fare i conti con un’edilizia scolastica che poco si coniuga con i dettami di una maggiore sicurezza. E così il neonato software implementato in queste settimane per censire edifici e strutture scolastiche porta alla luce già un “15% di studenti” che sarebbero costretti a restare fuori dall’aula.
“Lavoriamo sull’edilizia scolastica leggera” continua Azzolina. “Se non basta, abbiamo ripreso i 3.000 edifici scolastici dismessi. La scuola deve riaprire non solo in sicurezza, ma che sia nuova, più aperta e inclusiva”. Dal governo, intanto, arriva un ulteriore miliardo, al quale si aggiungeranno altri fondi del Recovery Fund, come ha promesso lo stesso Conte. Un’altra criticità cui le scuole italiane si trovano a far fronte è quella della mancanza di docenti che, in questo momento, sono indispensabili per “sfoltire” le classi pollaio. “Con i fondi possiamo assumere fino a 50 mila persone, tra personale docente e non docente con contratto determinato”, ha annunciato Azzolina, spiegando poi che in estate ci saranno altre assunzioni per sostituire i prepensionati. Alla promessa di Conte di annullare le classi pollaio, i presidi replicano con la richiesta di “un piano edilizio serio e di lungo termine” per il quale” sostengono “servirebbero più finanziamenti”. Contrari anche all’ipotesi di usare cinema o teatri.
“E’ più praticabile” spiega il presidente dell’Anp, Antonello Giannelli “utilizzare parte delle risorse, o il miliardo aggiuntivo, per prendere in locazione dei locali fissi per un tempo contenuto, da qualche mese fino a un anno”. Come era prevedibile, il documento, nonostante le continue limature e la mediazione del ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia, continua ad alimentare polemiche. La Lega evidenzia il “totale fallimento” di Azzolina, mentre Giorgia Meloni ritiene “ingiustificato” l’ottimismo di Conte. Critica anche Italia Viva, con il suo leader, Matteo Renzi, che esprime dubbi sul documento. “Non è andato tutto bene”, chiosa l’ex premier chiedendo “più concretezza” e “competenza”.