Chieti. “La storia è una cosa seria e seriamente va trattata, parlando di Fascismo ci sono due dimensioni, la storia e la memoria, profondamente diverse tra loro, e bisogna decidere che tipo di utilizzo fare del passato”. Sono le parole dello storico Enzo Fimiani, responsabile delle biblioteche dell’Università Gabriele d’Annunzio di Chieti-Pescara, interpellato dall’ANSA in merito all’incisione riapparsa sul costone roccioso che sovrasta il paese di Villa Santa Maria (provincia di Chieti), un “Dux” risalente agli anni Quaranta su cui il deputato Pd Camillo D’Alessandro ha presentato un’interrogazione al ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Il sindaco di Villa Santa Maria non intende ricoprirla, “perché è sempre stata là” ha detto ieri “e se serve da attrattiva va benissimo”.
“Quella scritta è un prodotto nato a scopo propagandistico, come tante scritte murali, che possono essere conservate se accompagnate da pannelli esplicativi, in chiave didattico-pedagogica; diverso è volerne fare un’attrattiva turistica, quando ve ne sono molte altre in un paese come Villa Santa Maria” afferma Fimiani. “L’Italia, a differenza di altri Paesi europei, ha conosciuto una dittatura di tipo totalitario, lo dicono i più grandi storici del Fascismo. Troppo spesso rappresentanti delle istituzioni italiane, sindaci in particolare, dimenticano che trattare il Fascismo in Italia non è come trattarlo altrove, ad esempio in Gran Bretagna dove non hanno difficoltà a esporre il fascio littorio; che occorre trattarne i simboli con prudenza e stando attenti a maneggiare la materia” spiega lo storico.
“Bisogna ricordare che dalla sconfitta del nazifascismo è nata la Repubblica, dopo i lutti e le tragedie della Seconda Guerra Mondiale. Quel passato viene richiamato da tanti monumenti, e non si può certo capire la storia d’Italia senza conoscere il Fascismo. Ma i sindaci devono ricordare di essere “sindaci della Repubblica”. In Francia, ad esempio, sanno di essere sindaci della “République”. Il nostro Stato comincia è essere un’idea un po’ vaga, perché spesso non ci agganciamo alle origini. L’Italia, oggi, non brilla per voglia di conoscere” conclude Fimiani. “Occorre tornare a fare un lavoro profondo e di lungo periodo nelle scuole”.