Roma. Ascoltati ieri mattina dalla Commissione bicamerale d’inchiesta impegnata a indagare sulla scomparsa di Mirella Gregori (7 maggio 1983) ed Emanuela Orlandi (22 giugno 1983), i giornalisti Gianni Sarrocco e Fabrizio Peronaci hanno offerto la loro testimonianza, proposto nuovi elementi, ripercorso le indagini effettuate, condiviso le loro prospettive interpretative, approdate a valutazioni opposte.
Adescamento
“Non credo che i due casi di scomparsa siano collegati”, questa l’opinione espressa in Commissione dal giornalista del Tempo Gianni Sarrocco che, per due anni, durante la direzione di Gianni Letta, ha appunto seguito il caso Orlandi. “Credo piuttosto che si sia trattato di un adescamento. Come se qualcuno in Vaticano di cui lei si fidava le avesse messo gli occhi addosso.”
All’epoca, il giornalista aveva indagato anche sulla scomparsa di Mirella Gregori: “Sapevano che mi occupavo del caso Orlandi, così sono stato chiamato dalla sorella. Mi ha fatto presente che anche Gregori era sparita un mese e mezzo prima, così sono andato a casa loro. Ma non ho mai pensato che potesse esserci un legame tra le due scomparse, erano due realtà molto diverse, due fatti secondo me distinti, anche negli ambienti della polizia e dei carabinieri non erano convinti che ci fosse un legame stretto.”
Un agente segreto e una foto dimenticata
Nel corso della sua testimonianza, Sarrocco ha proposto un nuovo elemento: Giulio Gangi – all’epoca dei fatti agente del Sisde e morto due anni fa, a 63 anni – si era recato, a ridosso della scomparsa, presso la scuola di musica frequentata da Emanuela Orlandi. Oltre a lavorare per i servizi segreti ha spiegato Sarrocco, era fidanzato con la cugina della cittadina vaticana.
“Quando sono andato alla scuola di musica per parlare con la direttrice”, è il racconto del giornalista, “il portiere mi ha fatto firmare il registro delle visite. Ho notato che prima di me c’era il nome di Gangi con scritto vicino Servizi Segreti e feci scattare una foto al fotografo. Non è mai stata pubblicata, potrebbe essere rimasta negli armadi del giornale.” L’agente aveva seguito il caso dall’inizio, fino a quando, dieci anni dopo, è stato allontanato dai servizi. Sembra che qualcuno ritenesse le sue indagini “inopportune”.
Ricatto e intrigo internazionale
Terminato l’intervento di Sarrocco, riferisce Fanpage, è stato ascoltato Fabrizio Peronaci, del Corriere della Sera, che ha proposto uno scenario diverso. Entrambe le ragazze, a suo dire, potrebbero essere state rapite per “allontanarle temporaneamente” dalle loro case e “mettere così in atto un ricatto”, nei confronti dello Stato italiano e del Vaticano.
Il giornalista del Corriere ritiene quindi collegate le due vicende e ha posto in correlazione il caso Orlandi con le problematiche politiche dell’epoca, la Guerra Fredda, Alì Agcà, i servizi segreti. Parallela alla pista politica, se ne riscontrerebbe un’altra economica, connessa con gli scandali finanziari ed i rapporti del Vaticano con contesti criminali. Entrambe, a detta di Peronaci, sarebbero appunto legate a un ricatto.
Un sequestro a lungo premeditato
“Il sequestro è stato premeditato a lungo, per questo scarterei la pista sessuale”, ha dichiarato. “Emanuela Orlandi non era neanche la prima scelta, anche altre due ragazze figlie di funzionati hanno subito pedinamenti.” Quanto al riferimento alla ditta di cosmetici Avon contenuta nella telefonata fatta da Emanuela prima della scomparsa, Peronaci ha ribadito la propria convinzione che si tratterebbe di un richiamo alla fondazione pontificia Nova (“Avon” letto al contrario) e ai finanziamenti al sindacato polacco Solidarność, guidato da Lech Wałęsa e impegnato in patria nella lotta al comunismo.
“Sono stato tradito da chi servivo”
Peronaci ha inoltre menzionato la circostanza che le famiglie delle giovani scomparse erano assistite dal medesimo avvocato, Gennaro Egidio, che non avrebbe tuttavia percepito onorari dagli Orlandi. A colpire il giornalista, poi, una dichiarazione del padre di Emanuela, Ercole Orlandi, che in un’intervista del 2001 ha dichiarato: “Mia figlia rapita dai servizi segreti”. Convincimento ribadito in punto di morte, quando avrebbe detto ai figli: “Sono stato tradito da chi servivo.” Menzionati anche il magistrato Ilario Martella, che aveva parlato del ruolo della Stasi nella vicenda, e il giudice Ferdinando Imposimato, “fortemente convinto del sequestro a scopo di ricatti politici nato a Mosca.”
A porte chiuse
Nel corso dell’audizione, Peronaci ha dichiarato di aver acquisito alcuni nuovi elementi e ha chiesto di continuare la propria relazione a porte chiuse. Secondo Fanpage, potrebbe aver fatto riferimento a un messaggio di rivendicazione del sequestro Orlandi registrato nel dicembre 1983 da una donna – di cui questa estate è emerso il nome, come riportato da AbruzzoLive – e inviato da Boston (Massachusetts), insieme a un testo scritto a penna, al giornalista americano Richard Roth, corrispondente da Roma per la Cbs. Una delle quattro rivendicazioni pervenute da Oltreatlantico che, all’epoca, sono furono ritenute autentiche in esito a una comparazione grafica con le precedenti lettere del cosiddetto “Amerikano”.
Ulteriori riferimenti avrebbero poi riguardato Marco Fassoni Accetti, autoaccusatosi in passato del rapimento di Emanuela, che secondo una perizia psichiatrica possiederebbe i tratti dell’”esibizionista”. Una recente analisi affermerebbe inoltre la sussistenza di “una corrispondenza media della voce di Accetti con quella dei telefonisti (come l’Amerikano, ndr) del caso Orlandi pari all’86%.”
Peronaci ha consegnato alla Commissione una memoria con ventotto documenti allegati.