Pescara. “Una sanità che cura, ma che nessuno ascolta. È questo il grido che il prossimo 22 maggio si leverà da Piazza Unione a Pescara, dove le lavoratrici e i lavoratori della sanità privata accreditata e delle RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali) abruzzesi incroceranno le braccia in occasione dello sciopero regionale del comparto, proclamato unitariamente da FP CGIL, CISL FP e UIL FPL Abruzzo Molise.” Queste le parole di denuncia della FP CGIL Abruzzo Molise.
“Dietro questa mobilitazione non ci sono solo numeri –oltre 5.000 operatori coinvolti– ma storie di chi ogni giorno garantisce servizi essenziali a fianco del sistema pubblico, senza però vedersi riconosciuti diritti basilari: il contratto Aiop/Aris della sanità privata è scaduto da oltre sei anni, quello delle RSA addirittura da più di dodici.
“Una situazione indecente~– denunciano i sindacati – aggravata dal continuo rifiuto delle controparti datoriali di avviare un confronto serio. La motivazione? Mancanza di risorse. Ma il conto lo pagano sempre i lavoratori, in termini di salari fermi, carichi di lavoro crescenti e totale assenza di prospettive.”
Le sigle sindacali puntano il dito anche contro la Regione Abruzzo, chiamata a uscire dal ruolo di spettatore: “Chiediamo un atto politico forte: subordinare l’accreditamento e il rinnovo delle convenzioni con le strutture private al rispetto dei contratti collettivi nazionali sottoscritti dalle organizzazioni rappresentative. È una misura di civiltà, non una provocazione.”
Il presidio del 22 maggio rappresenta quindi non solo una protesta, ma anche un appello al dialogo. FP CGIL, CISL FP e UIL FPL hanno chiesto un incontro al Presidente della Regione Marco Marsilio e all’Assessore alla Sanità Nicoletta Verì per cercare una soluzione concreta alla vertenza.
“La sanità privata accreditata è una colonna portante del sistema sociosanitario regionale. Ma non può reggersi sull’ingiustizia contrattuale – concludono i sindacati –. Oggi non scioperano solo dei lavoratori: si ferma un pezzo intero di sanità abruzzese, per chiedere rispetto.”