L’Aquila. Una sanità “allo stremo” e professionisti sempre più scoraggiati. È il quadro tracciato dal professor Foad Aodi, presidente dell’Associazione Medici di Origine Straniera in Italia (AMSI), dell’Unione Medica Euromediterranea (UMEM) e del movimento Uniti per Unire, in una lettera aperta indirizzata al Ministro della Salute Orazio Schillaci.
Nella missiva, Aodi esprime apprezzamento per l’atteggiamento di ascolto e dialogo dimostrato dal Ministro, ma sottolinea come “le riforme non possano più attendere”. Tra le priorità indicate: superare la grave carenza di personale, abolire l’obbligo di cittadinanza per l’accesso ai concorsi pubblici, introdurre lo scudo penale per i medici, combattere la medicina difensiva e affrontare le disuguaglianze che ancora penalizzano i professionisti di origine straniera.
Secondo i dati AMSI, in Italia operano oggi oltre 118mila professionisti sanitari stranieri, ma il 75% non lavora nel settore pubblico, spesso per ostacoli normativi e barriere burocratiche. Intanto, la fuga di professionisti all’estero continua: ogni anno lasciano il Paese circa 10mila operatori, tra medici e infermieri, mentre le dimissioni volontarie dal pubblico hanno toccato quota 27mila nel 2024.
La situazione è particolarmente critica anche in Abruzzo, dove – come riportano più volte le organizzazioni sindacali – ospedali e presidi territoriali fanno fatica a coprire turni e garantire i servizi essenziali per la mancanza di medici e infermieri. Un problema che si somma alle carenze strutturali segnalate a livello nazionale e che, secondo Aodi, “richiede interventi rapidi e strutturali, non misure tampone”.
Tra le proposte al Governo: velocizzare il riconoscimento dei titoli esteri, stabilizzare i professionisti stranieri già impiegati, creare un fondo per l’inserimento interculturale e avviare un programma nazionale contro aggressioni e medicina difensiva.
“Lavorare nella sanità pubblica non deve essere una vocazione al sacrificio” conclude Aodi, “ma una scelta valorizzata e sostenuta da investimenti concreti. Senza un cambio di rotta, la fuga di talenti continuerà e il Servizio sanitario nazionale sarà sempre più fragile”.