Atri. Un centro di riferimento per tutta la regione e oltre. Può essere definito in questo modo, senza troppi indugi, l’Unità Operativa Semplice Dipartimentale di Ecoendoscopia dell’ospedale San Liberatore di Atri, dove, carte alla mano, si iniziano a tirare le somme del primo anno di attivazione del servizio per monitorare l’andamento delle attività e programmare quelle future. Al momento le prestazioni si attestano intorno a una media di 20 al giorno per un totale di 700 operative complesse in quasi dieci mesi.
Particolarmente soddisfatto il consigliere regionale Luciano Monticelli, che sottolinea in merito: “Possedere una Unità di questo genere è motivo di vanto per la città di Atri e per l’intero comprensorio, perché in questo modo riusciamo a ostacolare la migrazione di pazienti verso altri centri e, come dimostrano d’altronde già i dati, a fare di questo nosocomio una forza attrattiva per le altre regioni. Senza contare ovviamente l’importanza nell’erogazione di un servizio di questo genere in termini di salute dei pazienti, se pensiamo al fatto che la metodica in questione permette di andare oltre i tipici approfondimenti diagnostici, con importanti conseguenze per ciò che riguarda la prevenzione”.
A riprova della qualità della struttura c’è la decisione della Asl di Teramo di renderla Unità Operativa Semplice Dipartimentale, deliberata lo scorso 28 settembre. Un passo in avanti di notevole importanza, che garantirà all’Ecoendoscopia una maggiora autonomia funzionale, un servizio disponibile in un arco temporale di 12 ore e la possibilità di implementare ulteriormente lo screening e tutta l’operativa complessa. “Nel frattempo – conclude Monticelli – mi preme ringraziare la Asl di Teramo, che ha reso possibile tutto questo e che ha fornito l’ospedale di Atri di una strumentazione altamente innovativa e tecnologica”.
Gli fa eco il dottor Candeloro Baldassare, che aggiunge: “Grazie, inoltre, a tutti i reparti, che ci supportano ogni qualvolta abbiamo particolari esigenze, dando dimostrazione di una grande professionalità e, soprattutto, di uno spirito collaborativo come pochi, in grado di fare la differenza nella qualità di un ospedale”.