Pescasseroli. Con la morte dei due orsetti di ieri, salgono a sette gli orsi morti nelle vasche artificiali negli ultimi anni. Nel 2010 morirono due orsi in una vasca-abbeveratoio di Villavallelonga, e sempre nella stessa vasca nel 2018 ne morirono altri tre, una madre più due cuccioli. Per non parlare degli orsi investiti, spesso e volentieri sempre sulle stesse strade. Sulla SS 17, dove appena due anni fa è morto Juan Carrito, tra il 2017 e il 2019 erano già morti due orsi e altri due erano stati investiti, fortunatamente senza conseguenze.
Su una popolazione di circa cinquanta orsi, almeno dieci hanno perso la vita per cause che potevano e dovevano essere evitate, e che non possono assolutamente far definire vincente il “modello Abruzzo” nella gestione e conservazione dei plantigradi. L’invaso artificiale di Scanno, dove ieri hanno perso la vita i due orsetti, secondo il Parco nel 2021 era già stato oggetto di interventi di messa in sicurezza, attraverso l’installazione di quattro griglie metalliche. Le stesse, però, sarebbero state distrutte dal peso della neve e del ghiaccio, che in inverno ricopre l’invaso. Una giustificazione che ha lasciato abbastanza perplessa l’opinione pubblica, soprattutto se si calcola che la neve a Scanno cade copiosa ogni anno, e sarebbe quindi più che normale installare delle coperture a prova di neve. Un caso abbastanza simile a quanto accaduto nella vasca-abbeveratoio di Villavallelonga, dove nel 2010 in seguito alla morte di due orsi, ai proprietari venne intimata la messa in sicurezza, per poi scoprire nel 2018 che quei lavori non erano mai stati fatti, e che ormai era troppo tardi visto che vi persero la vita altri tre orsi.
Stessa cosa anche dopo l’incidente che costò la vita a Juan Carrito, che due anni fa tanto indignò l’opinione pubblica. Anche in quel caso nessuno ha mai preteso il presidio di ogni centimetro quadrato dei circa ottantamila ettari di Parco Nazionale, ma ci si aspetterebbe un’attenzione maggiore almeno su quelle strade dove, già in passato, si sono verificati uno o più incidenti mortali con i plantigradi. Analizzando i dati di queste morti sembra quasi che noi abruzzesi non riusciamo ad imparare dai nostri errori, ma purtroppo in questo caso chi ci rimette le penne, o meglio la pelliccia, sono sempre i nostri splendidi amici orsi.
I numeri parlano chiaro: il PNALM è passato dai sessanta orsi degli anni ’60, ai circa cinquanta odierni, nonostante nel frattempo il territorio del parco sia più che raddoppiato. Numeri impietosi se messi a confronto con quelli del Trentino, che nel 1996 reintrodusse nove orsi e che oggi, in meno di trent’anni, può contarne un centinaio. Un trend di crescita incredibile per un parco che ha quasi la stessa estensione di quello abruzzese, nonostante di tanto in tanto gli sporadici abbattimenti di qualche esemplare troppo pericoloso per l’uomo, finisce per sporcare la reputazione del “modello Trentino” rispetto al “modello Abruzzo”. Ma dati alla mano, per quanto riguarda la conservazione degli orsi, il primo sembra sicuramente più efficiente del secondo.