Chieti. A causa dell’emergenza coronavirus saltano i riti di Pasqua in Abruzzo. Non uscirà a Chieti la tradizionale processione del venerdì santo: una celebrazione sentita dall’intera città tra fiaccole, incappucciati e note del miserere. Una delle processioni più antiche del nostro Paese che rivive nel centro storico di Chieti, tra partecipazione ed emozione. Le origini del sentito momento religioso risalgono al 842 d.C., anno in cui fu ultimata la ricostruzione della prima Cattedrale, distrutta in precedenza nell’801 da re Pipino.
“Questa sarà ricordata come la Quaresima segnata dal flagello del coronavirus”, ha detto l’arcivescovo Bruno Forte, invitando tutti i fedeli a pregare “da casa, soprattutto in un contesto di dolore, per chi crede nella fede. La processione del venerdì santo che rappresenta un’istituzione teatina plurisecolare, per la prima volta nella sua storia verrà svolta in un modo completamente diverso. Sarà solo l’arcivescovo che percorrerà il cuore del centro di Chieti, dove celebrerò la liturgia alla cattedrale portando un crocifisso e invocando il dono della salute”.
Non si farà neanche la Madonna che scappa a Sulmona: il suggestivo rito abruzzese che richiama la città riunita in piazza il giorno di Pasqua salta a causa dell’emergenza coronavirus. Non è una festa di origine spagnola ma, al contrario degli altri riti della Settimana Santa a Sulmona, che si sono sviluppati quasi contemporaneamente, le origini di questa manifestazione sono incerte. La prima documentazione è data da una fotografia del 1861 conservata dalla confraternita, ma le origini potrebbero essere più antiche, forse risalenti al ‘600, se non al periodo medievale. In ogni caso, prima degli inizi del XIX secolo la manifestazione si svolgeva nella chiesa della Tomba. I riti pasquali si concludevano a Sulmona, la mattina della domenica, con la processione del Cristo risorto organizzata dai Trinitari, ma essi percorrevano soltanto la loro zona di competenza arrivando fino a Piazza XX Settembre. A quel tempo, fra le confraternite dei Trinitari e dei Lauretani esisteva una certa diffidenza, anche se adesso la questione si è appianata.
Nel giorno della domenica di Pasqua, dopo la messa presieduta dal Vescovo, alle 10.30 in piazza Garibaldi, parte la processione della Confraternita della Madonna di Loreto. All’inizio sfila lo stendardo verde della confraternita, poi tutti gli altri confratelli con i lampioncini e infine le statue del Cristo risorto e dei santi Giovanni e Pietro. Arrivano in piazza Garibaldi, colma di gente (ormai l’evento di Sulmona è noto anche all’estero), una folla che lascia però un “corridoio” aperto per permettere il passaggio della Madonna durante la corsa dei portatori. Lo stendardo prosegue fino alla fine della piazza, mentre il Cristo risorto si posiziona su un baldacchino allestito sotto l’arco centrale dell’Acquedotto Svevo, all’ingresso dell’ampia piazza.
La Madonna esce e, accompagnata dai due apostoli, con il passo dello “struscio” si avvia al centro della piazza, dove c’è il fontanone, una grande fontana realizzata dagli artisti del ferro battuto di Pescocostanzo. In questo frangente l’atmosfera della piazza si fa tesa: i due apostoli si fermano, mentre, da lontano, la Vergine riconosce il Figlio Risorto. In un attimo, con un ingegnoso sistema di fili (conosciuto soltanto dalla confraternita e dalla famiglia d’Eramo, che ha il privilegio di vestire la Madonna), il manto nero e il fazzoletto cadono, lasciando il posto ad uno splendido abito verde ricamato d’oro e ad un garofano rosso, mentre in aria si levano in volo 12 colombe. Alle 12 in punto, la Madonna inizia così la sua corsa, tra gli applausi della gente, le note della banda e lo sparo dei mortaretti. Arrivata davanti al Cristo i confratelli si abbracciano, arrivando spesso a non trattenere le lacrime per la commozione.

