Farindola. Ad un mese dalla tragedia Giampiero Parete parla del dramma vissuto a Rigopiano. Doveva essere una vacanza in famiglia, invece quel soggiorno all’hotel Rigopiano si è trasformato in un incubo. “Non riesco a dormire, mi sento in debito”, confessa Parete in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera.
L’uomo, che per primo lanciò l’allarme quel maledetto 18 gennaio, è stato l’unico che è riuscito a riabbracciare tutta la sua famiglia, la moglie Adriana ed i due figlioletti, usciti illesi dalle macerie. Una fortuna che oggi lo assilla e gli annebbia la mente, spesso impedendogli anche di dormire la notte. “Mi sento in difficoltà con queste cose. Io adesso ne sto parlando ma intanto provo quasi vergogna, anche se ingiustificata. Mi stanno aiutando. Non è facile”
“Non dico che mi sento colpevole di essere ancora vivo, ma capisco che ci sono persone che possono chiedersi perché a noi è andata bene e ai loro cari invece no e mi sento in difficoltà”. “Ci sono delle notti che non riesco a dormire, e mi rivedo quel che abbiamo vissuto, come fosse un film. Ma non quei momenti, quando stavo in macchina con Salzetta, dei quali mi viene in mente solo il silenzio. Continuo a pensare a quando stavo in ospedale ed ero convinto che fossero morti tutti”. “Dicono che mi avevano sedato per farmi stare tranquillo, ma io sentivo ogni cosa, anche con gli occhi chiusi. Mi chiedevo cosa avrei fatto dopo, adesso che ero solo al mondo. Mi sentivo congelato. Ma non per la neve. Avevo il gelo dentro”.
“All’inizio non ci pensavamo, gli psicologi ci avevano consigliato di non parlarne neppure tra noi. Nell’ultima settimana invece sta cominciando a venire fuori. Con mia moglie ci siamo seduti a questo tavolo e ne abbiamo discusso per la prima volta”. Quando si parla di Rigopiano in tv cambia canale: “Ognuno di noi ha il suo trauma. Ad esempio a me ogni tanto viene la rabbia. Non è che ce l’ho con le persone, con qualcuno in particolare. Non la so spiegare. Vorrei essere utile agli altri del Rigopiano, alle famiglie che soffrono, ma non so come fare e allora mi incarto”.
“Dormiamo poco” spiega, aggiungendo: “A volte di notte vado alla finestra e guardo giù, le auto che passano. Penso alle persone che ho conosciuto in quei due giorni e adesso non ci sono più. All’estetista, al maitre che era così gentile, al cameriere che ci aveva portato in stanza la cena per i bambini. Mi vengono in mente i loro volti, le parole che ci siamo scambiati”. “Non ce l’ho fatta a partecipare al loro funerale, ma un giorno, quando sarò pronto, vorrei andare con mia moglie sulle loro tombe. Devo farlo. È come se avessi un debito” ha concluso Giampiero Parete.