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Remuzzi: nelle terapie intensive 1 caso Covid impegna come 10 pazienti normali

Luisiana Di Federico di Luisiana Di Federico
12 Dicembre 2021
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L’ Aquila. Proseguono le analisi e le valutazioni dei dati relativi alle ospedalizzazioni da Covid-19. I posti letto per le terapie intensive sono raddoppiati da 4.500 a 10.000, ma ognuno dei pazienti Covid ricoverati impegna come dieci pazienti normali: è questa la reazione del direttore dell’Istituto ‘Mario Negri’, Giuseppe Remuzzi al documento della Commissione ‘Dubbio e Precauzione’ e della quale fanno parte Carlo Freccero, Giorgio Agamben, Mariano Bizzarri, Massimo Cacciari e Ugo Mattei.

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“Non è una questione di numeri, ma di impegno” perché “i pazienti Covid ricoverati nelle terapie intensive rappresentano un impegno enorme per medici e infermieri”, afferma Remuzzi. Con l’attuale andamento della pandemia di Covid-19 la situazione, prosegue Remuzzi, è destinata a diventare ancora più complessa: “Nelle prossime settimane non mi aspetto un picco”, ossia il raggiungimento di un numero massimo di ricoveri, dopo il quale la curva comincia a piegarsi, “ma un plateau”. Le persone ricoverate per Covid, osserva, “di fatto paralizzano l’attività degli ospedali”, anche solo perché “bisogna creare aree e percorsi dedicati”. Alla luce di tutto questo, Remuzzi rileva che “medici e infermieri sono stanchissimi: l’impegno che richiedono i pazienti ricoverati nelle terapie intensive è molto superiore al loro numero”.

Inoltre quello che si osserva nelle unità di terapia intensiva è: “La punta di un iceberg perché sono tanti i ricoverati in altri reparti che non riescono più a entrare nelle rianimazioni e per i quali si allungano i giorni di degenza”. I messaggi “positivi” che, secondo Remuzzi, si possono lanciare in questa situazione riguardano le vaccinazioni: riferendosi agli oltre due milioni e mezzo di non vaccinati nella fascia d’età fra 40 e 59 anni. Questi ultimi, rileva l’esperto, “rischiano di essere ricoverati in terapia intensiva e di morire e per questo vanno vaccinati. Inoltre il loro numero è molto alto e mantiene l’epidemia”. E’ anche importante “fare la terza dose partendo da chi si è vaccinato prima, ossia dalle persone anziane e fragili”. Infine, conclude Remuzzi, “bisogna vaccinare prima possibile i bambini. Finora nel mondo sono quasi 5 milioni i vaccinati nella fascia d’età fra 5 e 11 anni e non c’è stato nessun segnale d’allarme”.

Tags: coronavirus
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