L’Aquila. Le piccole e medie imprese non traggono un reale vantaggio dalle azioni dell’Ue volte a rafforzarne la competitività. Lo rivela la Corte dei Conti Ue, che ha pubblicato una nuova relazione sull’uso del Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr), che nel periodo 2014-2020 ha assegnato oltre 40 miliardi di euro proprio al rafforzamento della competitività delle Pmi, e su altri finanziamenti messi a disposizione in risposta alla pandemia.
Secondo la Corte, “i fondi dell’Ue hanno stimolato la propensione delle Pmi ad investire, ma l’impatto e l’efficacia di tali interventi in termini di competitività sono alquanto limitati, al punto che la maggior parte delle Pmi finanziate non ha tratto praticamente alcun beneficio dal sostegno dell’Ue”.
La Corte ha rilevato che, siccome il regolamento del Fesr non imponeva agli Stati membri di definire strategie specifiche in questo ambito, difficilmente i fondi sono arrivati alle imprese e alle regioni con maggiori potenzialità di crescita. In questo modo, la maggior parte dei finanziamenti del Fesr è stato destinato a progetti isolati con uno scarso impatto reale. Non hanno aiutato le procedure di selezione “generalmente troppo poco ambiziose”.
Inoltre, molte Pmi avrebbero fatto lo stesso investimento da sé, “confermando così il rischio di effetto inerziale in questo tipo di sostegno dell’Ue, un problema che la Corte ha più volte evidenziato”.
“Le Pmi, colonna portante dell’economia Ue, hanno bisogno e meritano di essere sostenute nel momento in cui avviano ed espandono le proprie attività” ha dichiarato Pietro Russo, il membro della Corte responsabile dell’audit.