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Regionali, Di Stefano: inaccettabile candidato imposto da Roma. Al centrodestra servirebbe maggiore coerenza

Federico Falcone di Federico Falcone
20 Dicembre 2018
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L’Aquila. Passano i giorni ma l’ufficialità sulla candidatura di Marco Marsilio ancora non arriva. Fra coloro che, però, non sembrano gradire il fatto che il nome per il centrodestra sarà deciso a Roma c’è Fabrizio Di Stefano, candidato presidente con le sue Civiche per l’Abruzzo.

“I destini per la nostra regione li stanno decidendo a Roma, almeno per quanto riguarda il centrodestra, ed i partiti abruzzesi non stanno toccando palla. Io non ci sto” ha dichiarato tramite il proprio account facebook. Concetto, questo, allargato e ribadito sul nostro giornale dove è intervenuto poco fa.

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“E’ sempre accaduto che le dirigenze territoriali fossero consultate e ascoltate, come nel caso della candidatura di Giovanni Pace o Gianni Chiodi. Oggi così non è stato, almeno a rileggere le dichiarazioni dei vertici regionali di Forza Italia e Lega che all’inizio avevano bocciato sonoramente questa candidatura. Se gli stessi oggi convergono sulla candidatura del senatore di Fratelli d’Italia è evidente che si adeguano passivamente alle indicazioni romane. Ma, così facendo, è altresì chiaro che quando ci saranno scelte strategiche per l’Abruzzo sarà Roma a decidere. Si adegueranno anche in quel caso?”.

Stamane, sempre sulle nostre pagine, il coordinatore regionale di Forza Italia, Nazario Pagano, ha spiegato che il suo disappunto, relativamente alle recenti polemiche sul nome candidato presidente, è frutto dell’imposizione dello stesso, puntando, inoltre, il dito contro la mancata condivisione nella scelta dello stesso. Come dovrebbe accadere in una coalizione unita e affiatata. Di Stefano è sulla stessa lunghezza d’onda.

“L’imposizione di un candidato non va bene. L’Abruzzo non ne esce bene da ciò. Lo scandalo non è certamente quello di adeguarsi, esattamente come non lo è il non adeguarsi. Se qualcuno, non addentro ai lavori, leggesse la cronaca politica abruzzese degli ultimi mesi, che idea si farebbe? Ecco, su questo bisognava riflettere per tempo”.

Inevitabile la domanda sulla candidatura di Giovanni Legnini, ritenuto all’unanimità una figura di spessore sia da un punto di vista istituzionale che politico.

“La sua candidatura, anche se giunta in ritardo è calcolata. Ciò lo si è dovuto ad una riflessione sui movimenti del centrodestra che, almeno sulla carta, partiva con tutte le premesse per vincere e che ora si ritrova, sempre sulla carta, perdente. Che questo sia evidente non lo dico io ma una lunga serie di segnali. Il fatto che Legnini scenda in campo solo oggi quando avrebbe potuto farlo lo scorso 30 settembre, una volta smesso il suo incarico, vorrà pur dire qualcosa”.

Stuzzicato sulla possibilità di dare il proprio sostegno all’ex presidente del Csm, Di Stefano ha così risposto:

“La discesa in campo di Legnini alza l’asticella della qualità politica. Di ciò ne beneficia l’Abruzzo. Lo stimo ma ha un percorso politico molto lontano dal mio. La coerenza, uno dei valori che forse non esiste più, deve necessariemente ricoprire un ruolo. La sua è una candidatura etichettata. E’ evidente che io non dovrei starci, però dico anche che chi sostiene che non dovrei appoggialo – per la mia esperienza politica – dovrebbe, forse, pensare anche al fatto che la stessa coerenza dovrebbe portarmi, quindi, a non convergere sul centrodestra”.

“Inoltre, siamo così sicuri che chi si appella alla mia coerenza sia a sua volta coerente? Non accetto lezioni da questo punto di vista, soprattutto da parte del centrodestra coerenza proprio non c’è. E non le accetto perché, rileggendo le dichiarazioni ufficiali dei coordinamenti regionali dei partiti di cdx, all’indomani dell’indicazione della famosa terna proposta da Fratelli d’Italia, mi sembra che le carte in tavola siano totalmente cambiate. La tanto sbandierata coerenza, quindi, dov’è? Ma discorsi di appoggiare questo o quel candidato sono, attualmente, prematuri”.

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