Pescara. Quindici anni fa, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite scelse di ricordare la data del 27 gennaio non sul calendario: decise di stamparla sui cuori dell’umanità. Quel giorno del 1945, i cancelli di Auschwitz vennero spalancati e il mondo conobbe l’inconoscibile, l’inspiegabile, l’inimmaginabile: tutto l’orrore e il terrore che si sarebbe potuto leggere negli occhi dei deportati, ora era riflesso nello sguardo dei soldati dell’Armata Rossa, che vi entrarono per la prima volta, liberando i superstiti.
I lager nazisti erano il simbolo della folle e scellerata, gratuita cattiveria umana: strumenti di tortura, di morte, camere a gas, docce killer, forni crematori, cumuli di cadaveri scheletrici a cui era stata cancellata anche la dignità, ridotti com’erano a un numero tatuato sul braccio, montagne di oggetti appartenuti, una volta, a un uomo, a una donna, a un bambino.
In questo giorno di dolore del passato, tante sono le iniziative culturali per non dimenticare e mantenere viva, lucida, la memoria. Anche i palinsesti tv commemorano e propongono film sul tema: uno tra tutti, “Il pianista”, con le sue durissime “peripezie” dirette a guadagnarsi un posto per la sopravvivenza. Oppure “Storia di una ladra di libri”, dove una ragazza trova conforto nella cultura, rubando e leggendo i volumi destinati alla censura, al rogo.
L’omaggio più sentito è per i bambini, quegli uomini e donne in miniatura a cui sono stati rapinati, nel modo più atroce, vigliacco e spietato, il futuro e la felicità. Senza più passi per andare o sogni in cui poter credere.
La poesia di Joyce Lussu, che pone al centro dei versi un “paio di scarpette rosse”, racchiude tutto l’abominio. “Perché i piedini dei bambini morti non crescono più”. In cima a un enorme mucchio di scarpe, che corrispondono ad altrettante storie di uomini in bianco e nero, ne spicca un paio, dal colore rosso: il colore della vita, della passione, che stride amaramente in un tale contesto.
“C’è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
Schulze Monaco
c’è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buchenwald
Più in là c’è un mucchio di riccioli biondi
di ciocche nere e castane
a Buchenwald
servivano a far coperte per i soldati
non si sprecava nulla
e i bimbi li spogliavano e li radevano
prima di spingerli nelle camere a gas
c’è un paio di scarpette rosse
di scarpette rosse per la domenica
a Buchenwald
erano di un bimbo di tre anni
forse di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini
Anche i suoi piedini
li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l’eternità
perché i piedini dei bambini morti non crescono
c’è un paio di scarpette rosse
a Buchenwald
quasi nuove
perché i piedini dei bambini morti
non consumano le suole…”
Rossella Pucci