L’Aquila. “La quiete prima della tempesta”: potremmo usare questa metafora – volutamente forte e ridondante – per definire l’attuale scenario politico abruzzese il cui occhio è posato sul gradino più alto dell’assetto governativo regionale, ossia la carica di presidente.
Col centrosinistra in attesa della decisione di Legnini e il centrodestra nel caos più assoluto, chi sembra in pole position (come annunciato da sondaggi e ribadito anche da Sara Marcozzi stessa) è il M5S.
E poi c’è il civismo, sempre più dilagante e, quindi, condizionante. Vero e proprio ago della bilancia, ha rappresentato, negli ultimi anni e nelle numerose elezioni che si sono succedute – di vario genere e natura – una splendida conditio sine qua non per sfangarla da risultati incerti al fine di portare a casa una vittoria altrimenti impronosticabile o, comunque, difficile da raggiungere in piena serenità.
Siamo pronti a scommettere che dove si poserà il peso delle liste civiche uscirà fuori il successero di D’Alfonso. E, con altrettanta sicurezza, staremo qui a sentire i soliti discorsi come: “Ma civismo e politica, possono convivere? Oppure è solo un escamotage?”. Come si dice sempre in casi come questi, ai posteri l’ardua sentenza. Anche se la risposta è fin troppo evidente.